Dieselgate: manca qualcosa


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Il dieselgate è stato affrontato dai nostri organi di stampa prevalentemente sotto tre aspetti: come violazione delle norme inerenti l’omologazione dei veicoli, come attentato alla fiducia dei consumatori, ed infine, e non ultimo, per le conseguenze dello scandalo sulla salute dei bilanci di Volkswagen. Aspetto questo su cui la stampa ritorna periodicamente e vorremmo dire, troppo affettuosamente, quasi a evidenziare solidarietà ad una industria minacciata da un danno che può riflettersi sull’economia in generale ed i posti di lavoro. E così facendo usa la comunicazione per contrapporre – come troppo spesso accade – le norme che tutelano l’ambiente e il costo che ne deriverebbe all’economia.


Mancano invece dalle cronache e dagli approfondimenti, pare, tre aspetti del problema quasi mai evidenziati dalla stampa.


Il primo riguarda il fatto che le norme sui limiti ai NOX agli Euro 6, lungi dall’essere cadute fra capo e collo per l’industria automobilistica, sono state adottate nel 2007 e chieste da questa con ampio anticipo proprio allo scopo di programmare e rendere meno gravosi gli investimenti necessari alla riduzione delle emissioni “per tutta la normale durata di vita dei veicoli in condizioni normali di utilizzazione di guida normali” (art. 4.2 Regolamento (Ce) N. 715/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio). Cosicché, da ogni parte, sarebbe stato legittimo attendersi un reale progresso nelle emissioni degli ossidi di azoto con gli investimenti che le stesse case automobilistiche si suppone abbiano utilizzato per il mercato USA dove, in effetti, maggiori riduzioni dei NOX si sono verificate.


Il secondo profilo riguarda dieselgate come danno all'ambiente e alla salute dei cittadini che, in Italia, non sembra sia mai davvero approdato all’onore delle cronache.


Negli Stati Uniti, dove il parco auto diesel è ben più ridotto rispetto a quello europeo, alcuni ricercatori di Harvard e dell’MIT hanno calcolato che le emissioni in eccesso delle auto VW sono la causa, negli Stati Uniti, di 59 morti premature. Non stupisce così che nel nostro paese, nel quale si trovano secondo l'OCSE il 50% delle 30 città più inquinate d'Europa e che ha il maggior numero di morti premature a livello europeo (dato EEA 2015), i nostri ricercatori dello studio VIIAS, abbiano quantificato in 23.000, le persone che ogni anno muoiono prematuramente a causa dell'esposizione al biossido di azoto (NO2) derivante in grandissima parte dai veicoli diesel.


Invece questo tema sembra essere stato posto sotto silenzio dalla stampa. Un’occasione davvero persa perché dieselgate avrebbe potuto e dovuto rappresentare una occasione d’oro per approfondimenti sul tema del danno alla salute nelle aree urbane a causa della cattiva qualità dell’aria derivante in grandissima proporzione dalla prossimità della popolazione al traffico. Danno alla salute che costituisce un argomento dato superficialmente per scontato ma che, in realtà, è molto poco noto ai più. E dato che solo in presenza di una adeguata conoscenza condivisa dei problemi nasce il supporto alle politiche – talvolta scomode – che li risolvono, è davvero un peccato che il deprecabile scandalo VW non sia, almeno, servito a diffondere un miglior grado di conoscenza del problema sanitario che gli consegue.


Il terzo profilo, e forse il più grave, riguarda non tanto e non solo il ruolo della stampa ma, molto di più, quello del Governo, le cui posizioni e iniziative circa lo scandalo la stampa avrebbe dovuto riferire.


Ci si domanda in effetti legittimamente quali posizioni e quali iniziative avrebbe dovuto riferire la stampa sul dieselgate che – con ogni evidenza – è stato messo sotto il tappeto dal nostro stesso Governo?


Una breve ricostruzione dei fatti consente di ricordare che all’alba di uno scandalo di portata mondiale che ha evidenziato l'utilizzo, da produttori di automobili vendute anche in Italia, di software che ingannano il sistema dei test di omologazione e comunque una diffusa violazione dei limiti Euro 6, il nostro Ministro dei Trasporti ha annunciato controlli in trasparenza su mille veicoli e poi ha fatto, letteralmente, calare il silenzio stampa. Silenzio sulla richiesta formulata dalla associazione Cittadini per l’Aria nell'ottobre 2015 di fare chiarezza sul funzionamento del sistema di omologazione nazionale, che governa l'affidabilità' dei test sui modelli, silenzio su quella di rendere conto ai cittadini italiani della posizione del governo italiano nella decisione del comitato tecnico UE di raddoppiare i limiti NOx concessi agli Euro 6 diesel. Posizione realmente vergognosa che ha consentito al delegato del nostro governo di chiedere che i limiti vigenti venissero triplicati in modo tale che il 60% delle auto oggi circolanti… rientrasse nei nuovi limiti.


E ancora all’inizio di quest’anno il nostro Ministro Delrio – interrogato dalla stampa sulle indagini annunciate circa diesel gate – si è limitato a poche frasi circa lo stato dei "test in fase preliminare", evitando poi in maniera sbrigativa le domande dei parlamentari durante l’audizione tenutasi il 27 gennaio avanti la Commissione Ambiente della Camera.


Nè il Ministero pare aver attivato, come è stato fatto in altri paesi europei, una commissione che condividesse – con un grado di trasparenza adeguato e la partecipazione delle associazioni dei cittadini che di questo tema hanno dimostrato di occuparsi – metodi, sistema di scelta dei veicoli da testare, oltre che le procedure ed i risultati dei test che dovrebbero verificare i reali livelli di emissioni delle auto sottoposte a test. O ancora risulta che sia in fase di elaborazione una via per sanzionare i colpevoli della grave violazione.


Ed infine, e da ultimo, neppure i test effettuati a febbraio 2016 dall'associazione tedesca DUH su un'auto FIAT 500X con risultati che, a detta del committente, fanno ipotizzare l'installazione di defeat device nel sistema elettronico, hanno mosso il Ministro ad uscire allo scoperto, dimostrando – a fronte di una nebulosa che può nascondere una violazione diffusa dei limiti di legge – di dare il giusto rilievo alla salute dei cittadini.


In fondo in fondo, verrebbe da dire, è in gioco la salute pubblica – e costi aggiuntivi per lo stato – e un Ministro dei Trasporti, oltre a tutto medico, avrebbe potuto e dovuto fare del danno certo alla salute un argomento forte per riconoscere trasparenza al tema, necessità di iniziativa forte e urgente da parte del governo e, aggiungiamo, inflessibilità nei confronti di chi ha sbagliato mettendo la salute delle persone non solo e semplicemente a rischio.


Manca, insomma, nella vicenda dieselgate italiana un Ministero – o forse un Governo – che valorizzi quanto accaduto per farne strumento di attenzione al tema della salute pubblica e di protezione dell’ambiente per i cittadini e in favore del Governo stesso. L’Italia ha ben due procedure di infrazione europee pendenti per mancato rispetto delle norme sulla qualità dell’aria (PM10 e NO2) e la malcelata difesa di un settore che contravviene a norme stabilite quasi 10 anni orsono e che condivide la responsabilità di tali procedure di infrazione, invece che la difesa della salute pubblica dei cittadini che dai fumi non possono proteggersi, si rivela una politica miope soprattutto e anche ove si rifletta sulla necessità di spingere questo settore ad essere più rapidamente competitivo su un mercato internazionale sempre più gravato dal problema della qualità dell’aria.

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Autore:


Avvocato, fondatrice e presidente di “Cittadini per l'aria”, onlus di recente costituzione a supporto di politiche incisive per l’aria in Italia e in Europa, e già da anni impegnata sul tema della qualità dell'aria e della partecipazione dei cittadini alle politiche in questo ambito. Partecipa da vari anni al gruppo “Qualità dell'aria” dell'European Environment Bureau e al lavoro di Transport & Environment.

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