Il costo sociale degli strumenti di pagamento


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Il costo sociale degli strumenti” di pagamento è questo il titolo di un’interessante studio pubblicato da Banca d’Italia e che riporta i risultati di un’indagine svolta nell’anno 2010 su imprese, banche ed emittenti. L’obiettivo dell’indagine è verificare quanto costano socialmente al Paese Italia i diversi strumenti di pagamento: contante, carte di pagamento, bonifici, addebiti diretti, assegni. Non sono stati presi in considerazione assegni circolari, ricevute bancarie e carte prepagate (questo è un limite visto il crescente utilizzo di prepagate che ha caratterizzato il mercato italiano negli ultimi anni, ma nel 2010 incidevano per meno del 5% sul numero complessivo di operazioni effettuate senza contanti).


Il campione imprese ha incluso 2400 tra punti vendita e negozi. Dall’indagine risulta che lo strumento di pagamento più utilizzato in Italia per gli acquisti è il contante (ben il 90% dei pagamenti avviene in contanti, con un importo medio di circa 20 euro). Subito dopo si collocano le carte di pagamento (10% con un importo medio più elevato di circa 87 euro; 6% carte di debito e 4% carte di credito).


Si rileva una correlazione inversa tra importo medio dell’operazione e quota dei pagamenti fatta in contanti: il contante si usa soprattutto per pagamenti di basso ammontare e soprattutto in alcuni settori merceologici (ad esempio alimentari e tabacco). Certo merita una menzione il fatto che nei negozi di arredamento ben il 50% delle operazioni di importo pari a 180 euro avviene in contanti.
Passando ai costi sociali questi sono stati definiti come sommatoria dei costi interni di banche e imprese al netto dei ricavi da commissione.


Ovviamente ogni operatore hai suoi costi. La Banca Centrale avrà costi di produzione e di distribuzione delle banconote al netto dei ricavi legati alle commissioni pagate dalle banche. Le banche e gli emittenti avranno costi dovuti a emissione degli strumenti, deposito e trasporto del denaro, costo per le telecomunicazioni e per le commissioni passive, al netto delle commissioni attive. Infine le imprese e gli esercenti che avranno costi di back office (lavoro, contabilità), perdite da illeciti (furti e truffe), commissioni bancarie al netto delle merchant fee riconosciute dalle banche e dagli emittenti.


Il costo sociale per operazione del contante è di 0,33 euro, quello delle carte di debito 0,74 euro e quello delle carte di credito 1,91 euro. Dunque il contante sembrerebbe essere lo strumento più economico. In realtà se si passa al valore medio delle operazioni si evidenzia che gli strumenti più costosi sono contante e carta di credito.
Anche se si guarda ai costi sostenuti dagli esercenti quelli per singola transazione fanno apparire il contante lo strumento più economico (0,18 euro contro i 0,37 euro delle carte di debito e l’1,69 euro delle carte di credito), ma se si passa al costo in percentuale sul fatturato dell’impresa il costo del contante rappresenta l’1,07% contro lo 0,54% delle carte di debito e l’1,73% delle carte di credito.


Contante che peraltro alle banche costa ben 3,5 euro ad operazione, contro 0,65 euro delle carte di debito e 1,25 euro delle carte di credito. Le banche dunque non trasferiscono adeguatamente all’utente finale il costo elevato che sopportano per ogni operazione in contanti. E questo rende il sistema tariffario attuale iniquo ed inefficiente.
Iniquo perché i costi non sono trasferiti in maniera trasparente su chi riceve i benefici: in pratica chi usa tanto gli strumenti elettronici sussidia chi usa prevalentemente contante. Inefficiente perché in assenza di prezzi espliciti, la clientela non sceglie gli strumenti in base alla loro utilità bensì in funzione della percepita gratuità (il contante appare proprio così): anche questo è uno dei motivi che rende molto più lenta in Italia la sostituzione del contante con strumenti innovativi. Senza dimenticare che peraltro il costo evidenziato nell’indagine per il contante  non tiene conto di costi impliciti normalmente non percepiti e monetizzati dall’utente come quelli legati a perdite o furti, al costo opportunità per mancati interessi su contante tenuto in cassa, al costo del tempo necessario per andare in banca o allo sportello automatico ATM.


Il costo del contante rispetto al PIL è pari allo 0,53% e risulta essere 13 volte più elevato di quello dei pagamenti con carte di debito e ben 7 volte più elevato di quello con le carte di credito. Detto questo occorre far capire agli utenti che usare le carte per i pagamenti è più conveniente per tutti dal sistema bancario fino all’utente finale. E dunque occorre ben esplicitare quali sono i costi “nascosti” legati all’uso del contante. Una buona idea per esempio potrebbe essere per la grande distribuzione prevedere delle raccolte punti o degli sconti aggiuntivi per chi paga con carta.


E poi occorre rendere possibile sempre e dovunque pagare con carta i propri acquisti. Ci sono oggi delle categorie merceologiche che non danno alcuna possibilità in tal senso. Il numero dei POS in circolazione deve aumentare per permettere di pagare con carta qualsiasi acquisto, dalle consumazioni al bar alle parcelle dei notai. Introdurre il limite di 1.000 euro per i pagamenti in contanti certo è un primo significativo passo in questa direzione; ma non basta, occorre fissare delle soglie più basse, lavorare sulla tecnologia per rendere gli strumenti elettronici più sicuri e fidati, lavorare sulle infrastrutture e sull’offerta per rendere i POS e le transazioni con carta più economici per gli esercenti. In questo senso va la richiesta fatta di recente dal Beuc (Bureau Européen des Unions de Consommateurs), che rappresenta 41 associazioni di consumatori,  alla Commissione europea di intervenire per ridurre la cosiddetta MIF (multilateral interchange fee) che è la commissione che si scambiano banca emittente e banca che gestisce il POS su cui la carta viene usata per ogni operazione e che poi viene fatta pagare agli esercenti e di conseguenza anche ai clienti. Commissione definita dai circuiti di pagamento. Proprio perché definita ed unica non può essere né aumentata né ridotta dalle banche coinvolte nella transazione di pagamento con carta e dunque rappresenta una barriera alla concorrenza e a condizioni più favorevoli anche per gli esercenti (qui link). Tutti possono fare la loro parte: le associazioni dei consumatori hanno un ruolo fondamentale nel trasferire educazione finanziaria. Il sistema bancario e degli emittenti grazie alla concorrenza deve offrire servizi sempre più economici, lavorando su una riduzione dei costi fissi degli apparecchi per l’accettazione delle carte. I circuiti internazionali devono e possono ridurre le interchange fee che applicano al sistema. E il Governo deve dare una grossa spinta ai pagamenti elettronici rendendo possibili i pagamenti con strumenti alternativi al contante nelle amministrazioni e nelle altre strutture pubbliche.
 

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Autore:


Dal 1995 per l’ufficio studi di Altroconsumo produce analisi sul settore bancario, assicurativo e dei mezzi di pagamento. I lavori spaziano dal credito al consumo al credito immobiliare, dalle assicurazioni vita ai conti correnti ed alle carte di pagamento.

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