Il ‘treno’ delle riforme e i limiti del sistema ferroviario italiano


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Il “treno” del cambiamento promette di partire da Palazzo Chigi, mentre Moretti, noto AD di Ferrovie dello Stato, alla proposta di “riformare” lo stipendio dei manager pubblici, minaccia già le dimissioni e commenta “Il mio futuro? Farò il contadino, mi dedicherò alle mie olive..”. Intanto, i consumatori italiani continuano ad aspettare le riforme, promesse dai governi precedenti, per un servizio ferroviario più efficiente e moderno.


Ci aveva pensato Monti con i suoi decreti a riproporre l’idea, basato tra l’altro su specifici obblighi comunitari, di un’Autorità ad hoc nel settore dei trasporti, per porre fine all’eccessiva frammentazione regolativa che lo caratterizza. Tuttavia, il fatto che, passati già due governi, tale proposta sia rimasta ancora sulla carta e che la prima volta in cui se ne iniziò a parlarne risale quasi al 1995, dovrebbe destare, più che preoccupazione, una qualche inquietudine. Il fatto poi che nei decreti Monti non si trovasse alcuna indicazione sulla separazione proprietaria tra gestore dell’infrastruttura ferroviaria e i gestori dei servizi, o sui servizi ferroviari regionali o sulla metodologia di regolazione delle tariffe di accesso alle infrastrutture, ha rappresentato ancora una volta la volontà di rimandare decisioni squisitamente politiche a una futura agenzia indipendente che non si sa se e quando vedrà la luce.

Altrettanto preoccupante, e pericolosamente compromissoria, la scelta di affidarne transitoriamente i compiti ad una già esistente, quella per l’Energia e il Gas, in barba al principio di specializzazione settoriale che sta alla base del meccanismo stesso delle Autorità di Regolazione.

È dovuta intervenire giusto qualche giorno fa la Commissione Europea a ricordare a tutti questa “promessa” mancata, deferendo il nostro paese di fronte alla Corte di Strasburgo proprio per la mancata realizzazione di un Authority dei Trasporti.


Certo, l’eliminazione del contratto “sei più sei” nel settore ferroviario, che, di fatto, bloccava il mercato del settore per dodici anni, e la prospettiva di rilancio dei meccanismi concorrenziali in ambito regionale attraverso nuove gare a evidenza pubblica nel 2015,  rappresentano  un merito dell’azione di Monti. Tuttavia, il permanere di una posizione di vantaggio di Ferrovie dello Stato, gestore della rete e al contempo  il principale vettore su rotaia con l’azienda Trenitalia, è un limite evidente alla costituzione de facto di un settore pienamente “libero” e concorrenziale.


Il “Decreto del Fare”, varato dal precedente governo Letta, infatti, vanta un clamoroso passo indietro rispetto alla costruzione di un mercato competitivo nel settore ferroviario. Nel “liberalizzare” gli ingressi nel mercato ferroviario, introduce l’obbligo di canone per i nuovi operatori entranti. Su indicazione di Bruxelless, l’introduzione di questo “balzello” è necessaria perché i nuovi competitor, concentrandosi sulle tratte più redditizie, provocherebbero delle perdite sull’operatore che si fa anche garante del cosiddetto “servizio universale” e che necessariamente  richiederebbe maggiori compensazioni pubbliche per garantire il contratto di servizio.

Come già evidenziato da analisti come Sebastini la norma assume dei connotati paradossali perché, pur disponendo una condizione in linea di principio condivisibile, stabilisce che il nuovo entrante non sarebbe tenuto a pagare il suddetto canone aggiuntivo se “i livelli tariffari applicati risultino di almeno il 20 per cento superiori a quelli dei servizi a committenza pubblica”. In questo modo si chiederebbe ai nuovi entranti privati di fare concorrenza di prezzo al gestore pubblico, evitando proprio che i benefici della liberalizzazione si manifestino nei prezzi per gli utenti finali.


Notizie poco rassicuranti vengono ancora una volta da Bruxelles e sempre  dalla Commissione che mette sotto accusa il sistema ferroviario italiano decidendo di aprire un’indagine a carico del nostro paese per interventi pubblici a favore del principale vettore nazionale, in piena violazione degli accordi europei. Inoltre, la Commissione sostiene la mancata garanzia di alcuni diritti fondamentali dei passeggeri: dal diritto all'accesso senza discriminazioni al diritto al rimborso.


Intanto, anche il sistema ferroviario regionale e il crescente disagio dei pendolari che quotidianamente usano il treno per recarsi a lavoro subisce dure critiche che le associazioni datoriali giustificano alla luce di uno scarso investimento pubblico nel settore: l’Italia spenderebbe pro-capite quasi la metà di Francia e Germania sul settore ferroviario, per non parlare del ritardo nei pagamenti pubblici alle aziende del settore che di fatto scoraggia investimenti e mortifica gli standard del servizio per i cittadini.


Gli effetti di una simile situazione di stallo sul settore ferroviario è proprio la crisi del settore del trasporto passeggeri: secondo i dati Eurostat, in quasi tutti i paesi europei il numero persone kilometro è aumentato in maniera consistente, mentre in Italia i dati sono persino peggiori di quelli registrati quasi vent’anni prima. Anche il trasporto ferroviario delle merci in termini di tonnellate kilometro, che vedeva  l’Italia fino agli anni 2000 tra i primi paesi in Europa, si è ridimensionato in maniera consistente passando dai 23 miliardi di tonnellate km alle attuali 18, superati dai concorrenti inglesi e svedesi. Come a dire che le mancate riforme si pagano care, forse anche più dei manager pubblici.

 

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Autore:


Davide Arcidiacono è Research Fellow in Sociologia Economica e docente a contratto in “Comparative Political Economy and Social Policy” presso il corso di laurea magistrale in “Global Politics and Euro-Mediterranean Relations” (Università degli Studi di Catania). Membro dell’Associazione Italiana di Sociologia-Sezione Economia, Lavoro e Organizzazione (AIS-ELO), collabora attivamente alla gestione del Master in “Customer Care e Tutela dei Consumatori” dell’Università di Catania, finanziato dal Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti e dal Ministero per lo Sviluppo Economico e giunto alla sua VI edizione. Ha partecipato a numerose ricerche nazionali e internazionali sui temi dello sviluppo economico e dei consumi e collabora attivamente anche con associazioni e centri studi che si occupano di consumi e stili di vita (Consumers Forum, Consumer-Inst). Tra le sue pubblicazioni più recenti: “Consumatori Attivi. Scelte d’acquisto e partecipazione per una nuova etica economica” (Franco Angeli, 2013), “Crisi e consumi in Italia tra antiche vulnerabilità e nuove strategie d’acquisto”(Sociologia del lavoro, n. 131, 2013), “Consumer’s rationality in a multidisciplinary perspective”(Journal of Socio-Economics”, n. 43, 2011).

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