Utilizzo degli Open Data per finalità civiche: l’esempio della mappa del degrado ambientale


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C’è un movimento di persone, idee e norme che sta prendendo forma anche in Italia, all’ombra del concetto di open data. Significa che le pubbliche amministrazioni rendono disponibili i propri dati, su internet, per cittadini e imprese. I vantaggi per la collettività sono numerosi: più trasparenza dei conti pubblici, possibilità di sviluppare rielaborazioni e servizi su quei dati, con applicazioni no profit o commerciali. Ma quello degli open data è un cammino complesso, irto di ostacoli. Al momento le pubbliche amministrazioni locali stanno mettendo online i propri dati, in ordine sparso, e la normativa nazionale è ancora incompleta, nonostante i grossi passi avanti compiuti con il decreto Crescita 2.0 di ottobre 2012.

La maturità del fenomeno open data in Italia è in effetti ancora insoddisfacente. La conferma è anche in un recente sondaggio di ForumPa (767 persone, tratti da una lista di operatori della PA e stakeholder istituzionali iscritti alla community di ForumPa). Risulta che il 72 per cento ha provato ad accedere ai dati della PA, negli ultimi tre anni, e la maggioranza ha avuto difficoltà. Il 69 per cento del panel giudica ancora scarso il livello di “accesso alle informazioni” della Pubblica Amministrazione italiana.

Molte speranze sono riposte nel decreto Crescita 2.0, che impone alle PA di rendere disponibili i dati pubblici in formato aperto. Ad oggi però serve un ulteriore intervento normativo da parte dell’Agenzia per l’Italia Digitale, di recente costituitasi, per definire le modalità di pubblicazione.

Eppure leggi sulla trasparenza della Pubblica Amministrazione sono state adottate già da circa 80 Paesi. Gli Usa già dal 1966, il Regno Unito dal 2000 e anche la Francia ci batte sul tempo, come notava nel 2011 la Commissione europea. Commissione che spinge molto a favore degli open data, tanto che ha stanziato 100 milioni di euro da erogare nel periodo 2011-2013 per finanziare la ricerca volta a migliorare le tecnologie di gestione dei dati.

Il punto è che la trasparenza dei dati dà nuovi poteri al cittadino e al consumatore. Tutti così possono verificare la spesa pubblica e contribuire a combattere sprechi e illeciti. È un’opportunità, insomma, per sviluppare una nuova coscienza civica, con una partecipazione informata alla cosa pubblica. Ma c’è anche altro sul piatto. Per esempio servizi che utilizzino i dati per migliorare la vita del cittadino. Sfruttano open data molte applicazioni che permettono di orientarsi nel traffico cittadino o nelle metropolitane, in Francia, Regno Unito, Stati Uniti. Notizia di pochi giorni fa, il sito Yelp completerà le proprie recensioni di ristoranti e locali grazie ai dati aperti forniti dalla Pa americana. È insomma un’opportunità anche per diventare consumatori, e non solo cittadini, più consapevoli. Un piccolo segnale anche da noi: il Comune di Firenze ha appena pubblicato le rilevazioni dei prezzi al consumo del territorio, per il 2012.
Il Comune di Torino, la Regione Piemonte, i Comuni di Roma, Firenze, Bologna, Cagliari, la Camera dei deputati e l’Istat sono questi gli enti che hanno fatto avanguardia con gli open data in Italia. Altri stanno seguendo questa strada: più di recente, Milano (ottobre 2012) e Bari (gennaio 2013). Quello che manca è un indirizzo di sistema, perché i dati non siano semplicemente pubblicati ma anche resi disponibili nelle modalità e nelle tempistiche più idonee a una loro utilizzazione efficiente per vari scopi, civici o commerciali. Ma per questi obiettivi bisognerà aspettare il lavoro dell’Agenzia e, probabilmente, il prossimo governo.

L’utilizzo adeguato degli Open Data ci può rendere anche più consapevoli di fenomeni legati al degrado ambientale monitorando ad esempio la qualità dell’aria in varie città o, come nel caso del progetto varato dal mio sito www.albanesi.it a dicembre 2012, con finalità ecologiche e no profit che ritengo emblematico. Si chiama ACI (Antropentropia dei Comuni italiani) e sfrutta proprio il fatto che alcune regioni italiane dispongono di geodati relativi al proprio territorio conformi a uno schema condiviso (il programma europeo Corine Land Cover). Ne consentono l'acquisizione, attraverso i rispettivi geoportali, e l'utilizzo senza alcun onere. Usando questi dati, è stato possibile calcolare il fattore di antropentropia di ogni comune delle regioni interessate e ottenere tabelle e dati a uso degli amministratori locali per un'attenta valutazione dei propri territori. L'antropentropia è una grandezza molto utile per verificare quanto la presenza dell'uomo ha degradato l’ambiente. Infatti il fattore di antropentropia di un territorio è definito come la superficie antropizzata (edifici, strade asfaltate, ferrovie ecc.) e la superficie totale.

I grafici per regione e per provincia mostrano immediatamente la situazione relativamente all'antropentropia. Per esempio il verde indica una buona situazione, il giallo una situazione da tenere sotto controllo, il rosso una situazione grave e il viola fino al nero una situazione ormai irrecuperabile.

Il progetto si è già guadagnato l’interesse di noti esperti come Juan Carlos de Martin, del Politecnico di Torino, che al Sole24Ore ha detto, commentando Aci, «questo progetto è un esempio magistrale di come gli open data possono avere anche una finalità civica».
Al momento il progetto sta creando la mappa dell’antropentropia di cinque regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Puglia, Sardegna), più la Provincia autonoma di Trento. Corrispondono alle amministrazioni che rendono disponibili i dati a titolo gratuito e con sufficiente livello di dettaglio. È qui l’altra faccia della medaglia, sulla quale, pure, il nostro progetto è esemplificativo dello stato degli open data in Italia. Le altre Regioni, infatti, o non hanno questi dati o li hanno a un livello di dettaglio insufficienti o li fanno pagare. Ecco perché abbiamo chiesto alla nostra community di completare i dati. Gli utenti possono mappare il territorio dove abitano secondo le specifiche del progetto e usando software gratuiti.

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Autore:


Dopo la laurea nel 1978 in Ingegneria elettronica all'Università di Pavia, ha lavorato per tre anni al CISE, nella divisione di Informatica del noto centro di ricerca. Dal 2000 è il direttore del sito Internet www.albanesi.it, sito italiano leader nel settore del benessere; parallelamente con la società Thea ha iniziato la diffusione delle sue idee anche con la carta stampata attraverso la produzione di numerosi testi. Nel gennaio del 2013 il sito ha raggiunto 1.547.967 visitatori unici (dato Google Analytics). Il sito si propone di migliorare la qualità della vita di chi lo visita.

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