Risparmio previdenziale: novità dal decreto Renzi


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La previdenza complementare . Dibattito internazionale e prospettive per l'Italia


In quasi tutti i Paesi, nel corso degli ultimi anni, si è cercato di riformare i sistemi previdenziali riducendo il peso della componente pubblica e a ripartizione e accrescendo quello della componente privata e a capitalizzazione.
In tutti i Paesi il punto di partenza delle proposte di riforma è l'aumento dei tassi di dipendenza della popolazione anziana derivante dall'allungamento della vita attesa e dalla riduzione della natalità.


Il problema di fondo è quello di come garantire un tenore di vita adeguato a coloro che andranno in pensione nei prossimi decenni.
Ora, il risparmio previdenziale ha diverse peculiarità rispetto ad altre forme di risparmio che giustificano un più favorevole trattamento fiscale, ma richiedono anche un quadro normativo e regole più severe.


La ragione di fondo per la quale si vuole sviluppare la previdenza complementare (privata) è che si ritiene necessario incentivare le persone a risparmiare di più, per un lungo periodo di tempo, al fine di assicurarsi un tenore di vita adeguato nella vecchiaia (sull'argomento si veda l'E-book sulla previdenza complementare).


Ponendo in questi termini la questione si chiarisce che l'obiettivo è quello di indurre le persone a rinunciare al consumo corrente per risparmiare una quota aggiuntiva del reddito.


Ai fini della distinzione fra risparmio previdenziale ed altre forme di risparmio, il punto cruciale è che non bisogna risparmiare di più, ma bisogna farlo per un lungo periodo di tempo, ossia fino all'età del pensionamento.
Ciò significa che una trasformazione del risparmio esistente, ad esempio da titoli di Stato a fondi pensione, è utile se il fondo pensione è un investimento a lungo termine, ossia in sostanza se è meno liquido dei titoli di Stato. Rinunciare alla liquidità significa essenzialmente rinunciare alla possibilità di consumare in futuro, almeno per un certo periodo di tempo.
La questione dell'orizzonte temporale dell'investimento pensionistico è distinta da quella della portabilità.


La portabilità comporta la possibilità di trasferire la posizione fra diverse forme pensionistiche (fondi o polizze individuali). L'illiquidità comporta che non si possa trasformare la posizione in contante e dunque utilizzare le risorse accumulate per il consumo corrente.
La portabilità è essenziale per garantire la concorrenza ad evitare che le persone rimangano ingabbiate in piani previdenziali mal gestiti, il che avrebbe conseguenze negative sulla qualità della governance delle diverse forme di previdenza complementare.


In pratica, quasi tutte le forme pensionistiche hanno qualche limitazione della portabilità (ad esempio, periodi di permanenza minimi o valori di riscatto penalizzanti).
Negli Stati Uniti la previdenza complementare nasce e si sviluppa con gli “employers funds” aziendali e rappresenta, in sostanza, una forma di retribuzione differita (e fiscalmente agevolata).
In Europa, dove è più forte il ruolo dei sindacati, sono più diffusi gli “occupational funds” ossia fondi di categoria contrattati con le organizzazioni sindacali.
In genere, l'adesione ai fondi collettivi è facoltativa, ma in alcuni Paesi e settori (es. in Olanda e nei Paesi nordici) è obbligatoria.


Riguardo alla situazione italiana, possiamo dire che la riforma del sistema obbligatorio non può ancora dirsi completata.
Sulle future generazioni grava un onere che appare ancora eccessivo.
Lo spazio per la previdenza complementare appare ancora limitato rispetto agli altri Paesi europei perché le aliquote contributive sul lavoro dipendente sono molto elevate e verosimilmente lo rimarranno anche in seguito ad ulteriori interventi riformatori.


Alla fine l'argomento chiave diventa quello che la ridistribuzione della liquidità dalle imprese ai lavoratori può determinare un beneficio aggiuntivo, in termini di maggior efficienza allocativa derivante dallo sviluppo dei mercati finanziari.


Novità introdotte dal Decreto Legge n. 66/2014. Applicazione del nuovo regime fiscale ai fondi pensione


Si discute quali possono essere i vantaggi/benefici fiscali derivanti dall'approvazione del decreto Renzi (d.lgs. n. 66/2014) sugli 80 euro per i fondi pensione e per coloro che vi aderiscono.
Va premesso che il decreto sopra citato introduce alcune importanti novità relativamente all'introduzione dal mese di maggio 2014 del credito di 640 € (80 € al mese) sui redditi di lavoro dipendente e su alcune tipologie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.


Altra novità attiene all'incremento dell'aliquota di tassazione dei rendimenti finanziari dal 20% al 26% a decorrere dal 1° luglio 2014 (esclusi rendimenti dei titoli pubblici o equiparati che restano al 12,5% e quelli dei fondi pensione fermi all’11%).
Il bonus Irpef viene calcolato sul reddito complessivo annuo (al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita a ad abitazione principale e delle relative pertinenze) e viene diviso per il numero di stipendi che verranno percepiti da maggio a fine anno. Il bonus viene rapportato al periodo di lavoro svolto nell’anno ed è riconosciuto automaticamente in busta paga.


Dalla nuova aliquota del 26% restano espressamente esentati i fondi pensione (cfr. art. 3, comma 3). La nuova disciplina rende più vantaggioso il risparmio previdenziale, i cui rendimenti sono soggetti a tassazione del'11%, a fronte di una tassazione del 26% degli altri redimenti (esclusi i rendimenti dei titoli pubblici o equiparati che continuano ad essere tassati al 12,5%).


Tra gli altri vantaggi dei fondi pensione si ricorda l'esenzione dal bollo, l’esclusione dalla Tobin Tax, l'esclusione dalla ricchezza mobiliare ISEE, oltre alla deduzione e tassazione sostitutiva delle prestazioni (23% o 15-9%).Attenzione: in caso richiesta di prestazione in forma di rendita, la rivalutazione della rendita successiva alla richiesta di prestazione sarà tassata al 26%.
Adempimento: a decorrere dal 1° luglio sarà necessario aggiornare il documento sul regime fiscale segnalando che sulla rivalutazione della rendita opera l'imposta del 26%.


Poiché il credito di 640 € (80 € al mese) si applica ai redditi di lavoro dipendente e ad alcune tipologie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, non è da escludere l’applicazione di tale credito anche alle prestazioni erogate dal fondo pensione soggette a Irpef ordinaria:

  • riscatto volontario 2001-2006;
  • rendita ante 2006, considerato l'esplicito richiamo ai redditi di cui alla lett. h-bis del primo comma dell'art. 50 del tuir da parte del nuovo comma 1-bis dell'art. 13 del tuir introdotto dall'art. 1 del decreto legge 66/2014.

In particolare, il bonus andrebbe riconosciuto ove ricorrano le seguenti condizioni: (i) Irpef sulla rendita di previdenza complementare positiva al netto della detrazione relativa ai redditi di lavoro dipendente e (ii) assenza di informazioni circa il reddito complessivo del percettore superiore a 26.000 €.


Il DL 66/2014 e la Circolare AE 8/E/2014 sembrano essere categorici nel riconoscimento del bonus in modo automatico in mancanza di informazioni il superamento di 26.000 €. Pertanto non si potrebbe omettere di riconoscere il bonus, al pari di quanto fatto in passato per le detrazioni da lavoro dipendente e per la previgente deduzione per la no tax area.
Se tuttavia il fondo dovesse propendere per non applicare il credito prescindendo dalle condizioni di ammissibilità dello stesso bonus, il percettore potrà beneficiare di tale importo in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi percepiti nel 2014, come chiarito al par. 5 della circolare 8/E/2014. Per tale ipotesi, tuttavia, non si può escludere a priori che il fondo pensione possa ricevere reclami o rimostranze di altro tipo da parte dell'ex aderente che lamenti una condotta non corretta del fondo pensione in qualità di sostituto di imposta.
 

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Autore:


Laurea in Giurisprudenza Università di Ferrara (2002). Diplomato alla Scuola di Specializzazione delle Professioni Legali - corso per Magistratura (2004), Avvocato del Foro di Venezia e Magistrato Onorario a Pordenone. Attualmente è delegato regionale del Veneto di Altroconsumo. Ha pubblicato articoli e contributi in tema di autonomia e federalismo fiscale, partecipando come relatore a convegni e dibattiti.

1 Risposta a "Risparmio previdenziale: novità dal decreto Renzi"

  1. Luca scrive:

    In relazione al bonus Renzi, in questi giorni e' nata una questione sulla possibilità di ricevere il bonus da parte dei dipendenti che effettuano versamenti nel fondo pensione. Per entrare nello specifico, il bonus Renzi viene riconosciuto ai dipendenti che hanno un reddito inferiore ai 24000€, quindi un lavoratore che ha un reddito superiore non potrebbe beneficiare del credito. Se un lavoratore con un reddito lordo di 27000€ effettuasse un versamento di 3000€ nel fondo pensione, questo porterebbe ad un'abbassamento del suo imponibile tale da poter beneficiare del credito. La questione di cui parlavo nasce proprio qua, perché sembra che questo meccanismo possa essere riconosciuto solo agli aderenti di fondi negoziali dove il versamento viene effettuato tramite trattenuto dalla busta paga, e non sulle altre forme pensionistiche come Pip e fondi aperti. Credo che questo punto possa essere spunto di riflessioni in merito, ma sopratutto molto discriminatorio nei confronti di banche ed assicurazioni che collocano tali prodotti, considerando poi il fatto che tutte le forme di previdenza complementare subiscono la solita normativa fiscale.

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