La tassazione degli immobili


Share on LinkedIn

 

L’incertezza nell’applicazione del diritto tributario dipende da diversi fattori: il ricorso eccessivo a decreti legge, il susseguirsi a breve distanza di tempo di norme che modificano le precedenti, la scadente tecnica legislativa, il mancato coordinamento tra le norme, la retroattività delle norme tributarie, l’eccessivo utilizzo di circolari, l’impossibilità di assicurare ai funzionari e contribuenti il tempo necessario per assimilare le disposizioni che sono chiamati ad applicare, l’imperfetto coordinamento tra Governo e Parlamento che presenta emendamenti non sempre migliorativi e la scarsa efficienza dell’amministrazione.


Questo era il pensiero di Antonio Berliri, uno dei maestri del diritto tributario in Italia, che più di trent’anni fa aveva profetizzato il peggioramento della situazione italiana negli anni a venire e il conseguente incremento del disagio percepito dai contribuenti. 
Il riordino dell’intero sistema tributario è di primaria importanza per lo sviluppo e la crescita economica del Paese e, partire dalla fiscalità immobiliare è imprescindibile per superare i profili di iniquità presenti da anni e amplificati con l’introduzione dell’IMU.


Il trait d’union che caratterizza l’iniquità dell’applicazione puntuale di ogni singola imposta è ravvisabile nell’obsoleto sistema di valorizzazione degli immobili al fine di fissarne la base imponibile: uno stesso immobile produce basi imponibili differenti a seconda dell’imposta che lo colpisce. Lo stesso Direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera argomenta questa tesi per chiedere la revisione del Catasto, riportando alla stessa Commissione Finanze e Tesoro i seguenti dati: “per le unità immobiliari urbane, con riferimento all’imposta municipale propria il valore della base imponibile teorica è di 4.285 miliardi di euro, il valore della base imponibile dello stesso gruppo di immobili, ai fini delle imposte sui redditi è di 37,5 miliardi”.


La soluzione al problema, che avrebbe risvolti su ogni imposta immobiliare, si trova principalmente nella riforma del Catasto. Nel corso della XVI legislatura era stato presentato un valido disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale che prevedeva anche la riforma dell’attuale catasto edilizio (A.C. 5291 presentato il 18 giugno 2012 e approvato alla Camera il 12 ottobre 2012), per adeguare le rendite catastali al valore reale degli immobili cui sono assegnate e, di conseguenza, riparametrare il sistema impositivo ai nuovi valori individuati. I criteri di valorizzazione proposti nel DDL sono volti ad individuare il valore patrimoniale medio ordinario dell’immobile passando dai vani al metro quadro come unità di consistenza e utilizzando funzioni statistiche atte ad esprimere la relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dell’immobile. Un ulteriore nodo fondamentale è il previsto coinvolgimento diretto dei Comuni su cui insistono gli immobili stessi per arrivare a una reale valorizzazione territoriale.
Per quanto i criteri appena ricordati siano più che condivisibili c’è la necessità di creare indici di correzione per inserire nella valorizzazione l’incidenza della crisi del mercato immobiliare sul valore degli immobili, che ha colpito nell’ultimo triennio in maniera molto differenziata i diversi centri urbani, allargando la già ampia iniquità orizzontale presente tra il centro e la periferia delle città metropolitane.

 

 

Oltre alla necessaria analisi della proposta di riforma del Catasto, ulteriori spunti di riflessione su diversi aspetti della tassazione immobiliare sono rappresentati dall’applicazione dell’IMU e la perdita di gettito fiscale generata dall’introduzione della cedolare secca sugli affitti.
Per quanto riguarda l’imposta municipale propria, la sua introduzione è avvenuta nel segno della totale incertezza del diritto e i problemi causati dall’applicazione pratica dell’imposta hanno aggravato ulteriormente il costo della stessa, perché i contribuenti hanno dovuto rivolgersi a esperti fiscali per non incappare in errori di calcolo. Occorre esentare dal pagamento l’abitazione principale e le relative pertinenze o quanto meno, se le esigenze di bilancio non lo consentono, l’utilizzo di un coefficiente di rivalutazione ridotto di almeno la metà rispetto all’attuale. In questa seconda ipotesi è però importante introdurre correttivi all’imposta, considerando la situazione personale dei figli residenti nell’immobile, l’attuale sistema concede una ulteriore detrazione d’imposta per figli con meno di 26 anni a prescindere dal fatto che siano produttori di reddito o siano a carico, arrivando al paradosso di non considerare come meritevoli di maggior tutela le famiglie con figli riconosciuti disabili ai sensi della legge 104/92.
Da ultimo sarebbe opportuno cercare di recuperare gettito dalle grandi proprietà immobiliari, ad esempio con l’introduzione di una superaliquota per contribuenti proprietari di almeno 4 immobili a utilizzo abitativo, ulteriori all’abitazione principale.

 

Nell’ottica di una necessità di recupero di base imponibile, non si può non ricordare il pessimo risultato ottenuto con l’introduzione (D. Lgs. 23/2011) della cedolare secca sulle locazioni in termini di entrate e la conseguente necessità di una correzione dell’imposta.
Dall’elaborazione effettuata dall’ufficio studi della CGIA di Mestre partendo dai dati forniti da Istat, Dipartimento finanze, Agenzia del Territorio, Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, risulta che negli anni 2011 e 2012 la cedolare secca ha comportato una diminuzione delle entrate fiscali nelle casse dello Stato pari a circa 5 miliardi di euro. Il motivo di ciò è nell’errata convinzione, tipica dello Stato italiano, che con l’introduzione di un’imposta ridotta i contribuenti che abitualmente non dichiarano i redditi da locazione, siano spinti ad emergere dal “nero”. Il risultato di questa manovra, che ricordiamo fu sostanzialmente imposta da necessità politiche, ha fatto incassare allo Stato poco meno di un miliardo di euro a fronte dei 6,7 miliardi attesi dalle casse pubbliche. Pensare che questo tipo di contrasto di interessi possa in qualche modo scalfire lo zoccolo duro degli evasori significa non aver mai preso contatto con la realtà dei contribuenti italiani.


Poiché da un punto di vista politico non è possibile puntare all’eliminazione della cedolare, ma col fine almeno di incrementare le entrate di questa imposta, si dovrebbe innalzare l’aliquota ordinaria di tassazione tramite cedolare secca almeno al 25%. Questo tipo di intervento permette di colpire i patrimoni e utilizzare le entrate per alleggerire il carico fiscale dei lavoratori dipendenti e pensionati che attualmente vengono tassati con un’aliquota irpef minima del 23%. È importante ricordare il dettato dell’art. 1 della Costituzione, che indicando il lavoro come pilastro su cui fonda la Repubblica Italiana, ci obbliga a favorirlo rispetto al patrimonio nelle scelte di agevolazione fiscale.

 

 

L’attuale crisi del mercato immobiliare, dovuto anche alla mancanza di finanziamenti e di capitali da investire, porta i contribuenti a non avere la reale possibilità di acquistare la propria casa d’abitazione, lo dimostra anche la sempre maggior diffusione del contratto di affitto con riscatto. Equiparando il sostenimento della spesa per i canoni di locazione a quelli per la quota interessi sulle rate del mutuo ipotecario concesso per l’acquisto dell’abitazione principale (art. 15 comma 1 lettera b DPR 917/86), si crea un reale contrasto di interessi tra locatore e locatario che se da una parte agevola quest’ultimo e di conseguenza pesa sulle casse dello Stato, dall’altra impone al primo l’eventuale emersione dal nero creando base imponibile.  Per questo si auspica l’introduzione di una detrazione per il 19% della spesa sostenuta dei canoni di locazione versati per l’abitazione principale.

 

Se si ravvisa nella fiscalità un possibile mezzo di rilancio dell’economia tramite l’introduzione di incentivi di spesa in determinati settori, è solo attraverso la continuità normativa che si favoriscono gli investimenti di lungo periodo delle imprese. L’utilizzo improprio di termini fiscali da parte del legislatore stesso e le continue modifiche e proroghe in corso d’anno della normativa hanno reso sempre più difficoltoso per il contribuente applicare le norme fiscali senza commettere errori e usufruire realmente delle agevolazioni cui ha diritto.

Print Friendly

Autore:


Dal 2004 si occupa di tematiche fiscali per l’ufficio studi di Altroconsumo: preparazione dell’annuale Guida al 730, aggiornamento su tutte le novità fiscali per rivista e sito, servizi online come il calcolatore Imu, supervisione del servizio CAF per i soci. Supporta, in qualità di esperta, tutte le azioni intraprese dalla società in ambito fiscale.

Non ci sono commenti.

Inviando il commento accetti espressamente le norme per la Privacy.