Liberalizzazioni dei farmaci


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e Livio Garattini

La distribuzione farmaceutica è un settore storicamente soggetto a rigida regolamentazione in Italia (e non solo), a causa della particolarità del bene “farmaco” che, diversamente da qualsiasi altro genere di consumo, possiede un forte legame intrinseco con la salute umana, interesse della collettività oltre che diritto individuale inalienabile e costituzionalmente garantito (art. 32 Cost.).

A testimonianza di ciò, anche in tempi meno recenti sono state introdotte una serie ulteriore di norme atte a regolarne l’attività di distribuzione a livello di filiera, attraverso le c.d. “buone pratiche di distribuzione” (D.M. 6 luglio 1999) e la c.d. “tracciabilità del farmaco” (D.M. 15 luglio 2004). La recente conversione in legge del “decreto liberalizzazioni” (D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012), noto con il nome di “Cresci Italia”, ci offre lo spunto per l’ennesima riflessione sul tema.

Partendo dal presupposto che un elevato grado di concorrenza (in tutti i mercati in cui è possibile) è teoricamente auspicabile, in quanto precondizione essenziale per una crescita sana e duratura, è stata esaminata analiticamente la nuova normativa attinente al settore delle farmacie, nel tentativo di evidenziarne criticamente pregi e limiti, così contribuendo, almeno per quanto concerne il nostro ristretto ambito di studio, al ben più ampio dibattito in tema di liberalizzazioni attualmente in corso in Italia.

Le liberalizzazioni sono in teoria un processo legislativo, ispirato dai dettami del liberismo economico, che consistono generalmente nella riduzione e/o eliminazione totale di restrizioni precedentemente esistenti volte ad accrescere la concorrenza in un dato mercato, col fine ultimo di incentivare l’efficienza allocativa delle risorse.

L’attuale governo Monti, dopo il sostanziale “passo falso” in materia di farmacie del precedente decreto “Salva Italia” (D.L. 6 dicembre 2011, n. 201), ha provveduto a modificare in modo ben più deciso le “regole del gioco” esistenti, giudicando doveroso e urgente il cambiamento in un settore che, nonostante abbia certamente avuto fino a oggi il pregio di permettere il potenziale controllo di tutto il mercato dei farmaci, ha implicato “costi di mantenimento” invero affatto trascurabili per il paziente-consumatore e per il SSN. Da questo punto di vista, la scelta del Governo di agire con decretazione d’urgenza, anziché con rito ordinario, appare più che comprensibile, vista la necessità di aggirare i veti incrociati delle varie e potenti lobby (tra cui l’influente Federfarma) che hanno impedito di fatto, in tempi meno critici, qualsiasi tentativo di riforma graduale e condivisa del sistema, al di là di aver destato qualche perplessità la decisione di adottare l’ennesimo voto di fiducia in fase di approvazione definitiva.

 

* La versione integrale sarà pubblicata sul numero 2/2012

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