Il risparmio tradito


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Con decreto del 22 novembre 2015, il Governo ha disposto la fine di Banca dell’Etruria, Banca Marche, Casse di Risparmio di Ferrara e di Chieti, disponendo nel contempo la costituzione di nuove banche anteponendo ai nomi di queste banche il suffisso “Nuova”. Di fatto ha annullato i valori mobiliari degli azionisti e i crediti degli obbligazionisti subordinati.

 

Ad una prima valutazione formale l'operazione potrebbe sembrare giuridicamente plausibile. Infatti le azioni, sono chiamate anche capitale di rischio appunto perché l'azionista partecipa al rischio d'impresa nei limiti delle azioni possedute. Per quanto riguarda l'obbligazione subordinata, è prevista dall'art. 2411 del codice civile nonché dall'art. 12 del Testo Unico Bancario: colui che la sottoscrive “dovrebbe” essere consapevole del rischio di rimborso “subordinato” ad altri crediti, ed in ultima analisi del rischio di mancato rimborso.

 

La lettera delle norme si scontra immediatamente con la sostanza delle situazioni concrete. Viene da chiedersi come sia stato possibile che il risparmio sia stato tradito in questo modo. L'utilizzo della parola risparmio va sottolineata, poiché, nella maggioranza dei casi, è questo l'obiettivo dell'investitore di una banca locale;  la speculazione finanziaria vera e propria infatti prende altre strade ed ha altre dinamiche.

 

E' del tutto evidente che il piccolo azionista di una banca popolare o cooperativa, non intende speculare sul valore dell'azione, trattandosi di azione non quotata (salvo Banca Etruria che era quotata) bensì porre i propri risparmi al sicuro e/o partecipare ad un'attività locale che, si ritiene, possa essere più visibile nelle sue dinamiche. Lo stesso si può dire di un obbligazionista subordinato il quale, ammesso e non concesso che abbia ben compreso il rischio insito dell'obbligazione subordinata e che abbia l'adeguato profilo di rischio per sottoscriverla, accetta di prestare del denaro ad una realtà che percepisce come “vicina”,  una realtà che impatta direttamente sul vissuto del territorio locale dove opera.

 

Se cercasse solo la semplice speculazione finanziaria, il fare “soldi su soldi”, si rivolgerebbe altrove. In molti casi questo risparmiatore tipo, non ha nemmeno gli strumenti tecnico-culturali per valutare il rischio di quanto sottoscritto e,  non immagina di certo che possa “fallire” una banca locale.

 

Questa ricostruzione tipo dell'investitore di una banca locale, pur essendo una semplificazione, penso non si discosti dalla realtà concreta e basterebbe poter chiedere a qualsiasi direttore o addetto titoli di banca per avere conferma di ciò.

 

Già dalle prime notizie è emerso che vi sono state parecchie vendite di queste obbligazioni a risparmiatori con un target caratteristico estraneo ad arditi investimenti speculativi (soggetti ultraottantenni, pensionati e/o risparmiatori che per percepire l'esatto rischio dell'investimento si affidano al direttore o all'addetto titoli, ecc…).

 

Tornando all'aspetto meramente giuridico di questi infelici provvedimenti, ad un'analisi più approfondita, emergono parecchi punti critici. Si noti innanzitutto il principio costituzionale che regola il “risparmio”. Infatti l'Articolo 47 della Costituzione recita:  “..La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese… “.
Dalla semplice lettura, del testo è evidente che il “risparmio” sia un valore costituzionalmente protetto e, ci si può chiedere, come possa essere conciliabile con ciò, la sola ipotesi di obbligazioni subordinate, potenzialmente non rimborsabili.

 

Inoltre richiamando lo stesso codice civile, ci si chiede se il fatto di vendere obbligazioni subordinate a risparmiatori senza accertarsi che i medesimi abbiano ben compreso i rischi contrattuali non sia una evidente violazione dei principi di buona fede che devono caratterizzare tutte le transazioni commerciali (artt. 1337 e 1375 C.C.).

 

La stessa normativa di settore (T.U.F. – d.lgs 58/1998, art. 21), precisa che, nell’attività di investimento finanziario, i “soggetti abilitati” debbono avere delle condotte totalmente trasparenti e dare informazioni esaustive oltre a comunicare eventuali conflitti d’interesse ed agire in modo che tali “conflitti” non siano pregiudizievoli al cliente.
Ora in questa vicenda ci pare evidente il conflitto d’interesse tra la banca che ha proposto delle proprie obbligazioni subordinate (potenzialmente non rimborsabili) al proprio cliente ed il cliente stesso. In sé il conflitto d’interesse non impedisce tout court  l’operazione, ma il cliente deve essere esattamente edotto di tale “conflitto”: ciò è avvenuto? I clienti sapevano che con quelle obbligazioni finanziavano la banca proponente che avrebbe potuto non rimborsarli?

 

Diamo per scontato che i clienti abbiano sottoscritto tutta la documentazione contrattuale, prospetti informativi ecc.., che autorizza l’acquisto di questi prodotti finanziari, ma ciò è sufficiente? Se consideriamo la complessità dei valori in gioco, la risposta è no!


La semplice lettura della normativa sopra citata induce a ritenere che i doveri di trasparenza, informazione, buona fede, travalicano il semplice meccanismo della firma su “fogli precompilati”. Peraltro, anche se volessimo verificare la congruità della documentazione sottoscritta si dovrà vedere se tale documentazione contrattuale riporti delle “clausole di stile” (sono clausole di stile quelle espressioni generiche che per ampiezza e indeterminatezza hanno una funzione di semplice completamento formale e non rappresentano la volontà delle parti). La Cassazione ha già avuto modo di precisare l'inefficacia di tali clausole.
 
Il Governo ha cercato di “smarcarsi” da questa situazione asserendo che, se si fosse attesa l'applicazione del Bail-In (normativa in vigore da gennaio 2016), poteva andare peggio e potevano essere coinvolti altri risparmiatori.


Questa è una magra, se non ridicola, consolazione, poiché il cittadino, io per primo, si chiede, “ma chi te l'ha fatto fare di approvare supinamente il Bail-In”. Possibile  poi che l'unico chiamato a pagare sia l'investitore/risparmiatore, e non i responsabili aziendali del credito?  In sostanza viene da pensare che i risparmiatori sono stati considerati mera “carne da cannone”, buona per rimpinzare la banca quando è “affamata” di capitale e buona per pagarne i debiti per la mala gestio altrui.


Agli Organi di vigilanza, Bankitalia e Consob si potrebbe chiedere quale effettiva vigilanza sia stata svolta sulla vendita di obbligazioni subordinate ai risparmiatori. Ora gli stessi vertici di Bankitalia sostengono che, d'ora in avanti, non si dovranno vendere obbligazioni subordinate alla clientela retail. Spiace non averlo sentito prima (sic !).        


E' opportuno quindi chiederci cosa sia il valore intrinseco del risparmio. Sarebbe riduttivo considerarlo solo per il suo valore monetario; infatti dietro al risparmio ci sono ore e giorni di lavoro, di straordinari, di rinunce e di progetti (magari per i figli o per i nipoti o chissà quali obiettivi da perseguire). Se quindi questo valore travalica il mero dato contabile è comprensibile la sua tutela costituzionale e non è comprensibile come il legislatore possa ritenere che sia sufficiente una o più firme su di un modulo, magari spiegato e non compreso nei sui rischi, per autorizzare una banca a non rimborsare ciò che è stato prestato o a stralciare ciò che è stato investito in capitale.


Con il tradimento del risparmio viene tradita anche la fiducia, e tutti sappiamo che le relazioni economiche si avvalgono e si sviluppano su questo fondamentale valore. Ora se pensiamo che il risparmiatore pone la sua fiducia nella banca e nei suoi rappresentanti depositando il denaro risparmiato da una vita di lavoro, quando questa fiducia è stata tradita gli altri risparmiatori possono essere indotti a non investire più i propri risparmi e, di conseguenza, a tesorizzarli, sottraendoli alla liquidità economica indispensabile per una sana circolazione del denaro nel sistema economico.  La caduta di fiducia nel “sistema”, travalica il rapporto cliente/banca ma può incrementare ulteriore sfiducia nelle transazioni del sistema economico Italia e paralizzare le decisioni dei soggetti economici.


Se quindi “pesiamo” l'insieme dei valori traditi da questa vicenda, ci dobbiamo chiedere, cui prodest, qual è il valore giuridico sociale tutelato dai provvedimenti infausti, e soprattutto se “pesiamo” il beneficio ottenuto con questo provvedimento con il disvalore realizzato, non possiamo non chiederci “ma valeva la pena fare tutto questo?”. E' quindi opportuno, sia dal punto di vista etico che economico, sanare la fiducia tradita e rimborsare i risparmiatori. Ora pare che il Governo, tra diverse titubanze, intenda predisporre a breve un decreto ad hoc per una procedura arbitrale per la predisposizione dei rimborsi ai risparmiatori (che peraltro dovrebbe riguardare solo gli obbligazionisti “traditi”).
L'auspicio è che, a prescindere dalle modalità e forme del rimborso previste dal legislatore, non vi siano rimborsi percentualizzati al ribasso o una serie di “forche caudine” burocratiche per accedervi ed il rimborso possa, in qualche modo, estendersi anche agli azionisti “traditi”.


Se c'è la volontà di rimediare lo si può fare anche a posteriori poiché “non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta”. Se poi qualche tecnocrate europeo si lamenterà per il “tradimento” di qualche “cavillo”,  beh ….ce ne faremo una ragione….

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Autore:


Avvocato dal 2003 e libero professionista dal 2009. Da ottobre 2009 consulente giuridico di Altroconsumo. Ha avuto precedente esperienza, di complessivi 17 anni, di banca, dei quali 12 come legale interno di banca, ufficio contenzioso. Ha avuto esperienza collaterale quale docente a contratto, sui contratti bancari, presso l'Università Cattolica di Milano per 4 anni. Presso la stessa università è attualmente assistente alla cattedra di Istituzioni di diritto privato, facoltà di Scienze bancarie e assicurative.

1 Risposta a "Il risparmio tradito"

  1. Andrea Missaglia scrive:

    Siamo sicuri che la soluzione possa essere quella del divieto di vendere le obbligazioni subordinate alla clientela retail? Le obbligazioni subordinate sono certo, sulla carta, più rischiose delle obbligazioni ordinarie ma moltissimo dipende dalla solvibilità dell'emittente (le obbligazioni subordinate di Unicredit non sono la stessa consa di quelle di Banca Etruria) e poi che senso avrebbe vietare l'acquisto delle obbligazioni subordinate e continuare a consentire quello delle azioni?

    Il rischio è qualcosa che va oltre alla tipologia di strumento finanziario, se non comprendiamo questo concetto rischiamo di tornare ai tempi in cui si suggeriva di acquistare obbligazioni (magari di esotici paesi sudamericani…) "così il capitale è protetto"

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