L’Italia si prepara ad una nuova sfida, una strategia nazionale di alfabetizzazione nazionale


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L’importanza dell’educazione finanziaria a livello internazionale è stata ormai riconosciuta. “Un pilastro essenziale per la stabilità dei mercati finanziari” affermava l’Organizzazione per la Cooperazione e Lo Sviluppo, OCSE, già nel 2009. I motivi sono noti. La crisi del mercato statunitense dei mutui “subprime”, che ha visto molti consumatori sottoscrivere mutui che non erano alla loro portata, ci ha dimostrato come la scarsa conoscenza di nozioni economiche e finanziarie di base, abbia portato a scelte non corrette con conseguenze non solo a livello microeconomico, ma anche macroeconomico.


Di certo mercati finanziari più complessi e un sistema pensionistico pubblico che si sta sgretolando hanno contribuito ad aumentare la vulnerabilità finanziaria di larghi strati della popolazione. Rispetto al passato non si tratta più di scegliere tra tassi di interesse su due diversi prestiti bancari o piani di risparmio, quanto piuttosto tra una serie di strumenti sempre più sofisticati ed innovativi. In teoria la cultura finanziaria dovrebbe formare consumatori consapevoli in grado di scegliere prodotti finanziari più adatti alla propria situazione economica, con un’adeguata consapevolezza del rischio connesso. E allo stesso tempo imparare a riconoscere le truffe e le insidie del mercato, evitare di affidare i propri soldi alla persona sbagliata o di indebitarsi troppo pur di mantenere invariato il proprio stile di vita. 


Finanza sì, ma non troppa. Si preferisce infatti estendere l’educazione finanziaria ad un concetto più ampio. “Lo sviluppo di una cittadinanza economica – è ancora l’OCSE – non è infatti solo legata all’alfabetizzazione, quindi a conoscenze e concetti, ma si riferisce piuttosto all’acquisizione della consapevolezza dell’ambiente finanziario ed economico che circonda l’individuo”. Con implicazioni che oltrepassano i singoli e si presentano benefici per la società nel suo insieme. Basti pensare al problema dell’esclusione finanziaria: le persone che dispongono di una certa alfabetizzazione finanziaria saranno meno propensi ad avvalersi di istituzioni finanziarie poco solide e rischiose o degli usurai.


Sulla carta le premesse sembrano essere incoraggianti, eppure c'è molta strada da fare. Se nel 2012, in l’Italia, secondo un’indagine dell’OCSE, i tassi di alfabetizzazione finanziaria erano molto più che dimezzati rispetto alle solite Germania, Svizzera e Stati Uniti ma anche Nuova Zelanda e Australia, oggi la situazione non sembra essere migliorata. “Nonostante la diffusa percezione positiva delle proprie competenze in materia di scelte economiche e di investimento le conoscenze finanziarie degli italiane rimangono basse”, si legge nel rapporto Consob-Euriskso, sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, presentato a Roma lo scorso 3 luglio. Quasi la metà del campione intervistato dagli esperti del centro di ricerca dell’authority dichiara infatti di ignorare la maggior parte dei termini, dei meccanismi e delle regole dell’economia e della finanza in un mondo in cui a governare sono proprio lo spread, la borsa, le banche centrali e i tassi di interesse. 


E’ qui che le cose si complicano e non poco. Come valutare se e in che misura le iniziative di educazione finanziaria influenzano effettivamente le decisioni economiche degli individui? Varie indagini confermano, ad esempio, che il possesso di adeguate conoscenze finanziarie non sempre protegge da scelte di investimento basate su componenti irrazionali che spesso caratterizzano l’agire umano in campo economico. 


Secondo la Fondazione Rosselli, istituto di ricerca indipendente e no-profit che da anni sostiene la necessità di introdurre l’educazione alla cittadinanza economica nei curricula scolastici, ogni strategia educativa, per essere davvero efficace, deve riuscire a rapportarsi quanto più possibile alla diversità di genere, di età, di nazionalità, di etnia, di educazione, di cultura, di lavoro e di reddito delle persone cui è diretta.


Sarebbe comunque prematuro concludere che tutti gli sforzi per migliorare la cultura finanziaria possano rivelarsi inutili. Anche se nessun approccio offre una panacea immediata alle difficoltà di valutare l’impatto positivo dei progetti di educazione finanziaria, verrebbe spontaneo immaginare che la soluzione sarebbe favorire la collaborazione tra tutti gli attori che hanno promosso iniziative in materia.


Perché l’educazione finanziaria è impartita da un’ampia varietà di soggetti pubblici e privati del mondo economico-finanziario. “Iniziative che sono andate avanti in ordine sparso e spesso in competizione tra loro”, fa notare Marco lo Conte su IlSole24 del 16 maggio 2015.  “Sono anni che l’Ocse invita l’Italia a creare una regia unica a livello nazionale e porre le basi per far sì che chi fa educazione finanziaria realizzi progetti complementari e non sovrapposti”.  


Ed è questo l’obiettivo del progetto di mappatura dei programmi di educazione finanziaria disponibili oggi sul territorio, avviato ad inizio maggio dalla fondazione Rosselli d’intesa con il MEF-Ministero dell’Economia e delle Finanze e con il MIUR-Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca. Con la collaborazione dei soggetti più attivi nella promozione della cultura finanziaria in Italia, tra cui Consob, Banca d’Italia, Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio e Museo del Risparmio. 


Solo così, poi, si può seriamente definire un programma condiviso che consenta a sua volta di valutare i benefici di tutte le iniziative messe in campo attraverso le analisi del livello di alfabetizzazione finanziaria di partenza, l’individuazione delle priorità e il monitoraggio dei cambiamenti comportamentali che possono derivare dall’educazione finanziaria.

 

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Autore:


Monica Straniero vive a Roma. E’ Visiting assistant professor alla Binghamton University di New York, e al suo rientro in Italia ottiene un dottorato in Analisi dei sistemi finanziari con una tesi sul ruolo delle Fondazioni tra attività filantropica e creditizia. E’ una ricercatrice indipendente e svolge opere di ricerca su investimenti ad impatto sociale per conto di istituti nazionali ed internazionali. Collabora con testate giornalistiche su temi economici e sociali.

1 Risposta a "L’Italia si prepara ad una nuova sfida, una strategia nazionale di alfabetizzazione nazionale"

  1. Anna Vizzari Altroconsumo scrive:

    Certo giusto parlare di educazione finanziaria per i cittadini consumatori di prodotti bancari, assicurativi e finanziari. Maggiore consapevolezza significa anche maggiore possibilità di fare scelte corrette. E' indubbio però che rimarrà sempre e comunque un gap tra chi offre il prodotto/servizio e chi lo compera. Un gap difficile da colmare. E' per questo motivo che la sfida è doppia. Alfabetizzazione per i cittadini ma anche per gli operatori che devono lavorare per dare informazioni corrette in fase precontrattuale ed una consulenza adeguata senza conflitti di interesse. I cittadini devono essere messi nella possibilità di raccogliere informazioni corrette da parte di operatori disponibili. Solo così può davvero migliorare il mercato. E solo così la sfida potrà essere davvero vinta.

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