DDL Concorrenza: impatto nelle professioni forensi e legali e sui consumatori


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Il ddl Concorrenza varato dal Governo ed attualmente in discussione in Parlamento dedica poco spazio al mercato delle professioni legali un settore che, invece, avrebbe bisogno di un forte intervento liberalizzatore dopo la “controriforma” attuata dalla L. 247/12.

 

Il legislatore, invece, concentra la sua attenzione esclusivamente sull’esercizio della professione in forma associata: viene prevista l’abrogazione del divieto di partecipazione a più di un’associazione professionale e dell’obbligo di fissare il proprio domicilio presso la sede dell’associazione stessa; viene proposta una nuova e molto sommaria regolamentazione delle società tra avvocati. Non si può che plaudere all’abolizione del divieto di partecipare a più di un associazione professionale (la forma più comune e tradizionale di esercizio associato dell’attività professionale): si tratta in fondo di un divieto di cui è molto arduo individuare una ragione specifica e che denota una datata concezione “antropomorfa” dell’associazione vista come un corpo unico a cui i singoli associati (professionalmente anche “conviventi”) votano la loro esistenza.

 

Più modernamente, invece, l’associazione professionale non è altro che un contratto con il quale alcuni professionisti decidono di gestire in comune uno o più aspetti della propria vita lavorativa. In caso di abrogazione effettiva di tali limiti, in futuro potremo quindi avere non solo associazioni professionali che raggruppano anche fisicamente più professionisti ma anche realtà più snelle in cui i legali associati mantengono un grado più o meno elevato di autonomia. Possiamo quindi immaginare la costituzione di associazioni professionali che agiscano quali consorzi consentendo agli associati di accedere a beni e servizi a costi e condizioni concorrenziali ma possiamo anche pensare alla costituzione di associazioni professionali “monotematiche” che offrano particolari servizi al pubblico radunando per l’occasione professionisti che continueranno ad esercitare in proprio lavoro anche in altri campi ed in altre sedi.

 

Si pensi ad esempio ad un’associazione professionale che si occupi di diritto del lavoro: la possibilità di aderire a tale associazione mantenendo la propria autonomia e senza la necessità di fissare il domicilio professionale in un solo luogo consentirà ai singoli professionisti di mettere facilmente “in rete” i clienti che hanno la necessità di avviare contenziosi in luoghi anche distanti dalla sede sociale con costi sensibilmente inferiori e modalità gestionali più snelle.

 

Una simile struttura potrebbe inoltre avviare campagne di marketing mirate rispetto al target prescelto con costi inferiori e maggiore efficacia rispetto a quanto potrebbe fare il singolo professionista. Un tale scenario apporterebbe certo benefici al mercato delle professioni legali in termini di maggiore competitività e, sperabilmente, di minori costi per gli utenti delle stesse ma il vero salto di qualità potrebbe aversi solo a fronte della possibilità di costituire società pluridisciplinari e di consentire l’accesso di soci di capitale in funzione di finanziatori.

 

Sotto questo aspetto, purtroppo, il ddl concorrenza è deludente. Il nuovo art. 4-bis L. 247/12 si limita a consentire la possibilità di esercitare la professione utilizzando le forme delle società commerciali (possibilità già ora presente e scarsissimamente sfruttata ) ma nulla dice circa la possibilità di ammissione di soci esterni alla professione. La prevista sottoposizione delle società professionali al codice deontologico forense e alla potestà disciplinare ordinistica rischia di consegnare la regolamentazione di questo fondamentale aspetto alla classe forense che, sinora, non ha certo dato prova di volersi aprire al mercato e alla libera concorrenza.

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Autore:


Svolge la professione di avvocato a Milano dove tratta prevalentemente le materie del diritto immobiliare e di quello finanziario. Collabora con l’associazione Altroconsumo in qualità di consulente. Cura la rassegna di giurisprudenza in materia consumeristica di Consumatori, Diritti e Mercato sin dal numero 1/06.

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