I giudici e la mediazione delegata: un promettente avvio


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Come è noto, la Legge 9 agosto 2013, n. 98 convertendo il Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69 (cosiddetto "Decreto del Fare") ha recato non poche modifiche al Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che disciplinò la mediazione delle controversie civili e commerciali, il ricorso al quale – come si sa – è, in taluni casi, obbligatorio.

 

Fra le innovazioni si segnala la ridefinizione della ‘mediazione delegata’ dal giudice nel corso del giudizio, anche d’appello (art. 5, secondo comma dello stesso decreto n. 28): l’originaria facoltà del giudice di ‘invitare’ le parti a ricorrere alla mediazione, è oggi sostituita dal potere di “disporre l’esperimento del procedimento di mediazione” non soltanto, quindi, nei casi di obbligatorio ricorso a questa modalità di composizione dei conflitti, ma ogniqualvolta il giudice “valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti” reputi utile il ricorso alla stessa; da sottolineare che l’adempimento dell’ordine del giudice è condizione di procedibilità del giudizio pendente.

 

Nel clima di avversione corporativa e preconcetti che ha accompagnato la sentenza di incostituzionalità del 24 ottobre 2012 – pur inerente un profilo di tecnica legislativa, non sostanziale – urgeva un intervento propulsivo per condurre la mediazione fuori dalle paludi ove era impantanata, e le innovazioni recate dal ‘decreto del fare’ sembrano potersi leggere in questa prospettiva.

 

Di fronte a dati tutt’altro che incoraggianti sul radicamento della ‘cultura della mediazione’, l’adozione del modello francese (artt. 21-25 Loi n. 95-125, e decreto di applicazione n. 96-252 del 22 luglio 1996) sul potere del giudice, valutata la situazione, di disporre la mediazione sembra poter rappresentare un adeguato impulso, se pur con le differenze – di non poco conto – che il giudice d’Oltralpe ha anche il compito di individuare il mediatore e di stabilire la sua remunerazione in rapporto al valore della lite.

La scelta del soggetto cui affidare la mediazione è, infatti, determinante ai fini della serietà del procedimento, in presenza nel nostro Paese di ben 1.019 organismi accreditati dal Ministero della Giustizia, certamente non tutti di pari affidabilità.

I dati quantitativi sul radicamento nel nostro Paese della mediazione delegata dal giudice possono evincersi dalle statistiche del Ministero della Giustizia relative al periodo 1° gennaio-31 dicembre 2013: deve, tuttavia, tenersi conto che solo dal 20 settembre 2013 sono in vigore le nuove regole.

La mediazione delegata rappresenta l’1,9% dei procedimenti definiti in rapporto alle diverse forme di attivazione, vale a dire: volontaria (41,9%), obbligatoria per legge (54,7%), obbligatoria fra le parti, in quanto prevista da clausola contrattuale (1,4%).

Per la corretta interpretazione di questi dati è necessario sottolineare che essi si riferiscono ai procedimenti che si sono potuti celebrare in quanto la parte nei cui confronti la procedura è stata promossa è comparsa, pari soltanto al 32,4% del totale.

La percentuale di successo nell’1,9% di procedimenti delegati dal giudice è stata del 22,16%.

 

In valore assoluto i dati 2013 relativi alla mediazione sono i seguenti:

  • Procedimenti pendenti al 1° gennaio: 23.638
  • Procedimenti iscritti nell’anno: 41.604
  • Procedimenti definiti nell’anno: 24.019
  • Procedimenti pendenti al 31 dicembre: 41.222

Il confronto con il giudizio civile è reso possibile dai dati riportati dall’edizione 2013 di Italia in cifre, pubblicazione Istat, relativi, però, al 2011:

  • Nuove cause iscritte a ruolo nell’anno: 4.181.710 (in primo grado); 122.368 (in secondo grado)
  • Cause definite: 4.256.575 (primo grado); 117.869 (secondo grado)
  • Cause pendenti a fine anno: 4.944.964 (primo grado); 383.230 (secondo grado)

Sono cifre che, purtroppo, non necessitano di commenti, la mediazione, è, al momento, meno di una goccia d’acqua nel mare, i dati sulla mediazione delegata sono marginali e, pertanto, innegabile è la rilevanza della valorizzazione del potere propulsivo dei giudici che potrebbe produrre risultati assai proficui: ha dichiarato, a questo proposito il giudice dott. Moriconi del Tribunale di Roma che la prassi di inviare le parti ad un mediatore ha avuto quale effetto la riduzione del 30% in 6 mesi del suo carico di contenzioso a ruolo.

Ed, effettivamente, la spinta impressa dal ‘decreto del fare’ è stata assai ben accolta dai giudici, come testimoniano i primi indirizzi giurisprudenziali circa la mediazione disposta nel corso del giudizio: merita, quindi, richiamare alcune ordinanze, fra le quali quella della dott.ssa Breggia, giudice in Firenze, che il 19 marzo 2014 si è pronunciata in relazione ad una superficialità nella formulazione della norma, che considera assolto l’ordine del giudice con il mero dato formale della comparizione dei difensori innanzi ad un mediatore per dichiarare il rifiuto di procedere nella mediazione, ed ottenere in questo modo l’attestazione dell’insuccesso, vale a dire il cosiddetto ‘verbale negativo’ necessario per proseguire il giudizio.

 

Questa prassi, ad avviso del giudice, rappresenta una conclusione “irrazionale ed inaccettabile”, un adempimento formale privo di ogni efficacia e valore sostanziale.

Il rinvio disposto dal giudice, pertanto, “si giustifica solo quando una mediazione sia effettivamente svolta e vi sia stata data un'effettiva chance di raggiungimento dell'accordo alle parti”.

Va da sé, quindi, “alla luce delle considerazioni che precedono, il giudice ritiene che le ambiguità interpretative evidenziate vadano risolte considerando quale criterio fondamentale la ragion d'essere della mediazione, dovendosi dunque affermare la necessità che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori come previsto dall'art. 8 del Decreto Legislativo n. 28/2010 e che la mediazione sia effettivamente avviata”.

 

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Autore:


Professore di Istituzioni di diritto privato nella Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca, ove è incaricato anche del corso di Diritto dei consumatori, è avvocato e co-direttore di Consumatori, diritti e mercato. E' responsabile scientifico di numerosi enti di formazione dei mediatori civili e commerciali.

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