I redditi delle famiglie italiane: più poveri, sempre più poveri


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Che i redditi delle famiglie siano calati con la crisi è noto. Che la forbice tra ricchi e poveri si sia allargata è considerato scontato. Ma nessuno sembra chiedersi quale ne sia la causa e se il processo sia ineludibile.

 


Il dato più recente sui redditi delle famiglie fornito dal sistema statistico nazionale è quello pubblicato dalla Banca d’Italia nel bollettino del 25 gennaio 2012: si tratta di un’indagine relativa ai redditi netti e ai consumi delle famiglie nel 2010. Un dato ormai già vecchio, il cui grado di aggiornamento è vincolato a livello europeo. Il che la dice già lunga sulla sensibilità delle nostre istituzioni al tema dei redditi.
Altroconusmo ha pubblicato un articolo a febbraio, basato sui dati della Banca d’Italia. In quell’articolo si sono confrontati  i dati del 2006 (l’anno precedente alle prime nubi della crisi) con quelli del 2010 (i più recenti disponibili). Vogliamo qui approfondire il tema.

 

Tra il 2006 e il 2010 il PIL italiano è diminuito in termini reali del 3,7%. Nello stesso periodo, il reddito netto delle famiglie è diminuito, sempre in termini reali, del 4,5%. Dunque è vero che la ricchezza prodotta nel paese è diminuita, ma è sulle famiglie che quella diminuzione si è ribaltata maggiormente.
La tabella che segue (TABELLA 1) mostra un’analisi per quintili: ciascun quintile individua un 20% di famiglie italiane, dalle più povere alle più ricche. Come si può notare, tutte le famiglie hanno subìto una diminuzione del reddito in termini reali. In particolare, emerge in modo evidente che le famiglie che più hanno risentito della crisi sono più quelle dei primi quintili, cioè le più povere. Per i primi tre quintili le variazioni in euro sono di circa 1.000 euro all’anno. Ma naturalmente è sul primo quintile che l’impatto si fa sentire di più, con una diminuzione del reddito che sfiora il 9%. Gli ultimi due quintili, i più ricchi, hanno perso di più in valore assoluto, ma molto meno in termini percentuali: è significativo che la diminuzione di reddito di questi quintili sia inferiore alla media nazionale (4,5%).

 

 

 

 

 


Come dunque la dinamica dei redditi ha inciso sui consumi? Mediamente questi sono diminuiti dell’1,6%: cioè, le famiglie hanno eroso parte dei propri risparmi nel tentativo di preservare, per quanto possibile, il livello dei consumi pre-crisi. Tuttavia la loro dinamica è molto diversa per quintile: i due più poveri hanno diminuito i propri consumi del 5,5%. Le famiglie del primo hanno fatto drammaticamente ricorso all’erosione dei propri risparmi o all’indebitamento; quelle del secondo sono riuscite a tagliare maggiormente i propri consumi. Gli altri tre quintili hanno diminuito meno i consumi, con un crescendo che ci porta, addirittura, nel caso delle famiglie più ricche, a un loro aumento, di ben il 2,3%, nonostante la contrazione del reddito.
Anche l’andamento dei consumi, dunque, dimostra che la crisi ha avuto un effetto dirompente sulle famiglie più povere, già in difficoltà, ulteriormente costrette a sacrificare i propri bisogni e i propri risparmi; dall’altra parte, le famiglie più fortunate, nonostante la contrazione dei redditi, sono riuscite ad aumentare la soddisfazione dei bisogni, rinunciando eventualmente a una parte dei risparmi.
L’analisi dei redditi per attività del capo-famiglia ci offre qualche spunto di riflessione in più (TABELLA 2). Le famiglie che più hanno risentito di una diminuzione del reddito sono due: i lavoratori autonomi non imprenditori e non professionisti (le partite IVA, per intenderci), il cui reddito è diminuito del 14%; e gli operai, con una diminuzione dell’11%. È sintomatico che imprenditori e professionisti, quelli con il reddito medio più alto nel 2010, abbiano conservato, sostanzialmente, il proprio reddito rispetto al 2006, superando così dirigenti e quadri direttivi. Nell’ambito del lavoro dipendente, invece, dirigenti e direttivi hanno subìto una diminuzione in euro identica a quella degli operai, circa 3.000 euro: tuttavia è evidente che, mentre sul reddito di una famiglia di operai tale diminuzione si rivela drammatica, nel caso di dirigenti e direttivi tale diminuzione risulta sensibile, ma sopportabile: e infatti, mentre i consumi delle famiglie di operai sono diminuiti del 7,5%, quelli delle famiglie di dirigenti e direttivi sono ulteriormente aumentati del 4%. È sintomatico quanto accaduto invece alle famiglie di impiegati: nonostante il reddito reale sia rimasto piuttosto stabile nei quattro anni, i loro consumi sono precipitati di quasi il 14%, sintomo di grande paura per il futuro.

 

 

 

 

 

 

Concludiamo. Questa la situazione fino al 2010. Ma ora? Citiamo alcuni tra gli ultimi dati disponibili. Tra il 2011 e il 2012 il reddito disponibile reale delle famiglie consumatrici è rimasto stabile, ma le famiglie a rischio povertà o di esclusione sociale sono passate dal 24,6% al 28,4% (contro il 24,2% della media europea). Su un arco temporale più ampio, tra il terzo trimestre del 2010 e quello del 2012 il reddito lordo reale delle famiglie è crollato di un ulteriore 4,7% e i consumi reali delle famiglie si sono contratti del 5,1% . Qualunque dato, di qualunque fonte conferma lo stato di crescente difficoltà e spesso indigenza  delle famiglie italiane: reddito reale sempre più in drastico calo, diminuzione dei consumi delle famiglie. Una maggiore sensibilità della politica al tema dei redditi sembra pianin pianino farsi breccia. Ma i dati di Banca d’Italia sembrano anche indicare una tendenza, più generale, che riguarda quasi ciascun cittadino nella sua vita quotidiana: la tendenza all’interno delle stesse imprese a privilegiare i redditi dei livelli direttivi o imprenditoriali a danno soprattutto dei livelli più bassi. Fronteggiare questa tendenza, non solo ai più alti livelli politici, ma anche nella vita quotidiana di ciascuno, potrebbe essere un ulteriore piccolo passo per aiutarci a superare la crisi.

 

 

 

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Autore:


Coordinatore dell’Area Inchieste Prezzi Tariffe e per Scenario per Altroconsumo, è Laureato in Economia e Commercio. Collabora con Altroconsumo dal 1994, per cui si occupa soprattutto dell’analisi della concorrenza e dell’andamento dei prezzi in mercati quali i carburanti, la grande distribuzione, le telecomunicazioni e l’energia. In questi settori ha rappresentato e rappresenta Altroconsumo e il CNCU in diversi organismi ministeriali o istituzionali, nazionali e regionali, quali: il Tavolo del Ministero per lo Sviluppo Economico per la Sorveglianza sui Prezzi, la Commissione Utenti dell’Informazione Statistica dell’Istat, la Commissione Carburanti della Regione Lombardia.

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