Il brevetto europeo con effetto unitario e la scelta italiana di non adesione


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Lo scorso 31 dicembre, sono stati pubblicati i Regolamenti (UE) n. 1257/2012 e n. 1260/2012 (quest’ultimo relativo al regime linguistico), che istituiscono il c.d. brevetto europeo con effetto unitario, con applicazione anche ai c.d. certificati protettivi complementari. Non si introduce propriamente un nuovo strumento brevettuale, ma si consente al brevetto europeo di acquisire un effetto unitario con la pubblicazione della relativa menzione nel bollettino europeo dei brevetti da parte dell’Ufficio europeo brevetti di Monaco (UEB): non più, quindi, una pluralità di brevetti sottoposti alla disciplina diversificata dei singoli Stati, com’è nell’attuale sistema del brevetto europeo (per il quale v. la Convenzione di Monaco del 5 ottobre 1973, riveduta il 17 dicembre 1991 e il 29 novembre 2000), ma un brevetto europeo con effetto unitario che sarà equiparato ad un brevetto nazionale dello Stato di residenza del richiedente o ove quest’ultimo abbia la sede principale o comunque una sede di attività, ma che avrà pari efficacia in tutti gli Stati membri partecipanti. Se il richiedente non ha residenza, né alcuna sede in uno Stato membro partecipante, si applicherà la legge dello Stato in cui ha sede l’Organizzazione europea dei brevetti e, quindi, la legge tedesca. Il nuovo strumento consentirà di conseguire un brevetto con pari efficacia in tutti gli Stati membri dell’UE, con esclusione, però, di Italia e Spagna.

I due Regolamenti, infatti, sono stati adottati nell’ambito di una procedura di cooperazione rafforzata che ha trovato l’opposizione dei due Paesi mediterranei, un’opposizione vivace, che ha condotto sino alla proposizione di due ricorsi alla Corte di Giustizia, rigettati con decisione del 16 aprile 2013 (cfr. cause riunite C-274/11 e C-295/11).

La Spagna ha, inoltre, di recente proposto due nuovi ricorsi alla Corte di Giustizia (nn. C-146/13 e C-147/13). Il contrasto si è incentrato, in particolare, sul regime trilinguistico (tedesco, inglese, francese, con esclusione dell’italiano e dello spagnolo quali lingue del procedimento) dettato dal Reg. n. 1260/2012, senza che sia necessaria, inoltre, la traduzione nella lingua di ciascuno degli Stati partecipanti, ai quali, pertanto, l’efficacia del brevetto si estenderà anche in mancanza della traduzione nella lingua nazionale. Sono previsti due temperamenti: in caso di controversia in materia di contraffazione, in primo luogo, il titolare del brevetto, se richiesto, sarà tenuto a fornire la traduzione del brevetto nella lingua dello Stato ove ha avuto luogo la presunta contraffazione o ove ha domicilio il presunto contraffattore; in secondo luogo, la mancata disponibilità della traduzione nella lingua madre del presunto contraffattore potrà essere valutata dal giudice ai fini della verifica della mancata consapevolezza della violazione del brevetto. Il nuovo brevetto europeo con effetto unitario riceverà una protezione uniforme in tutti gli Stati partecipanti: infatti, accanto ai due Regolamenti nn. 1257 e 1260 che dettano la cornice sostanziale, il 19 febbraio 2013, in seno al Consiglio dell’Unione europea, è stato sottoscritto l’Accordo per l’istituzione di un nuovo Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB), con giurisdizione esclusiva sulle controversie in ordine al brevetto europeo con effetto unitario, oltre che sul tradizionale brevetto europeo (salvo però, per quest’ultimo, la facoltà di opt out, con la possibilità di affidare le decisioni ai giudici nazionali per un periodo transitorio di sette anni dall’entrata in vigore).

Il TUB avrà, in primo grado, la propria sede principale centrale a Parigi, con due sedi distaccate a Monaco e Londra (con competenza diversificata secondo lo specifico settore relativo al brevetto interessato), e con la possibilità di istituire altresì sedi locali o regionali, mentre la Corte d’appello sarà radicata a Lussemburgo. La composizione dei nuovi organi giudiziali sarà multinazionale e diversificata secondo che si tratti della sede centrale (con giudici aventi nazionalità di Stati membri contraenti differenti) ovvero di una sede locale (con tre giudici, dei quali, due o uno secondo il numero di cause relative a brevetti avviate ogni anno in quello Stato, con cittadinanza dello Stato che ospita la sede locale).

La lingua del procedimento, salvo diversi accordi, sarà, per le sedi locali, quella dello Stato che ospita la divisione interessata (per le sedi regionali quella prescelta dagli Stati membri che condividono la divisione regionale), mentre per quella centrale la lingua in cui è stato rilasciato il brevetto. L’accordo sul TUB è stato sottoscritto anche dall’Italia, non invece da Spagna, Romania e Polonia. Per la sua entrata in vigore è necessaria la ratifica da parte di almeno tredici dei Paesi firmatari, nonché, necessariamente, da parte di Germania, Francia e Regno Unito. All’entrata in vigore dell’Accordo sul TUB è subordinata anche l’applicazione dei Regolamenti nn. 1257/2012 e 1260/2012.  Iniziano a sollevarsi i primi dubbi da parte di alcuni Stati europei (si veda, ad esempio, lo studio commissionato dal governo polacco sugli effetti dell’adesione al sistema in  e riferimenti in “Cerulli Irelli, Diritto industriale, 2013, 393”).

Più in generale gli esperti del settore, anche in Italia, hanno sottolineato come il nuovo sistema conferisca evidenti vantaggi alle imprese dei tre grandi Stati, Germania, Francia e Regno Unito, le più solerti anche nel numero di domande di brevetto depositate ogni anno. Contesti nazionali come quello italiano, con un’economia strutturata su PMI sino ad oggi statisticamente meno coinvolte nel deposito di domande di brevetti, potrebbero, invece, risultare penalizzati. Né bisogna dimenticare la propensione dell’UEB alla concessione di brevetti anche per invenzioni di dubbia “altezza inventiva”, con rischi di un vantaggio competitivo vistoso delle imprese tedesche, francesi e britanniche, attraverso l’utilizzo della tutela brevettuale, non quale ineludibile incentivo all’innovazione, ma quale strumento di controllo del mercato. La scelta italiana di non aderire alla disciplina del Reg. n. 1257/2012 sembra, pertanto, almeno in questa fase iniziale, quanto meno prudente.

 

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Autore:


Avvocato del Foro di Brescia, collabora con le cattedre di Diritto processuale civile, Diritto processuale del lavoro e Diritto fallimentare presso l'Università degli Studi di Brescia. Dottore di ricerca in Diritto processuale civile, ha successivamente conseguito un Master in Diritto della Proprietà Intellettuale.

1 Risposta a "Il brevetto europeo con effetto unitario e la scelta italiana di non adesione"

  1. Enrica Poli scrive:

    Mi permetto di svolgere una precisazione: l'art. 6 del Reg. (UE) n. 1260/2012 detta un regime transitorio che ha, quale effetto pratico, l'imposizione, in ogni caso, di una traduzione in lingua inglese per la presentazione della richiesta di effetto unitario. La traduzione in lingua inglese si aggiunge alla domanda in francese o tedesco ovvero in un'altra lingua ufficiale dell'Unione.

    Il predetto regime transitorio sarà sottoposto a una sequenza di valutazioni ad opera di un Comitato di esperti indipendenti, la prima di queste valutazioni sei anni dopo la data di applicazione del Regolamento e le successive con cadenza biennale. Se, in esito a tali valutazioni, la Commissione non reputa di porre fine al suddetto regime transitorio, quest'ultimo terminerà ad ogni modo dodici anni dopo la data di applicazione del Regolamento.

    Avv. Enrica Poli

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