Agenda Digitale e carico fiscale: una strana coppia, ma non troppo


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Spending review, quanto se ne è parlato nei mesi scorsi? Tutti sanno che è lo strumento di politica economica con cui semplificare e razionalizzare le procedure delle amministrazioni dello Stato ed ottimizzare, quindi, la spesa pubblica attraverso un complesso di provvedimenti normativi che siano connotati da evidenti risvolti di carattere pratico. Sino ad oggi, però, dal nostro legislatore e dal nostro esecutivo è mancata, per svariati motivi, proprio questa auspicata connotazione. Quale strada percorrere, quindi, per raggiungere gli obiettivi che la spending review si prefigge?


Uno spunto di riflessione ce lo forniscono un recente documento di Confindustria Digitale ed uno studio della School of Management del Politecnico di Milano. Il ragionamento è semplice e, all'apparenza, banale: attraverso l'applicazione dell'Agenda Digitale Italiana (ADI – L. 221/2012) modernizziamo il Paese per ottimizzare la spesa pubblica e, quindi, ridurre il pesante carico fiscale.

 

Confindustria Digitale, infatti, analizzando il tema con la pubblicazione del documento "Un'Agenda Digitale per lo sviluppo", sottolinea, prima di ogni altra cosa, che l’efficienza e la riduzione del costo della macchina amministrativa deve passare attraverso la sua digitalizzazione e ricorda che la Pubblica Amministrazione usa i fattori produttivi in modo squilibrato, ha troppe risorse umane e troppa poca tecnologia oppure, dove ha tecnologie innovative, usa lavoro poco specializzato e tecniche di produzione superate, basate sul ciclo cartaceo di documenti e, quindi, produce a costi superiori al necessario. L'analisi prosegue precisando che occorrerà intervenire sulla revisione dell’architettura delle informazioni, sull’aggiornamento delle infrastrutture, sulla piena interoperabilità dei dati tra le diverse pubbliche amministrazioni, su processi e soluzioni standard che evitino duplicazioni e ridondanze e sull’unificazione degli strumenti di accesso ai servizi.


Confindustria Digitale, però, non dimentica il settore privato dimostrando come le imprese che hanno compiuto scelte pervasive di digitalizzazione dei processi e dei sistemi di distribuzione abbiano conseguito trend di crescita del fatturato anche in questo periodo di recessione, aumentando la loro presenza sui mercati internazionali ed i livelli di produttività aziendale e, dopo queste doverose premesse, chiude l'analisi con sei concrete proposte che, qui di seguito, si elencano:

  1. switch-off al digitale della Pubblica Amministrazione: l’efficienza e la riduzione del costo della macchina amministrativa passano attraverso la sua digitalizzazione;
  2. sviluppo della domanda privata: anche sul fronte della digitalizzazione delle imprese l’Italia è in ritardo. Occorrono agevolazioni fiscali per favorire l’e-commerce e la messa in rete delle piccole imprese italiane;
  3. investimenti infrastrutturali: un quadro autorizzativo semplice e omogeneo può favorire gli investimenti nelle infrastrutture di telecomunicazione NGN e LTE;
  4. ecosistema internet: lo sviluppo dell’economia digitale nel nostro Paese dipende anche dall’ammodernamento del nostro sistema legislativo. È necessario un intervento organico per creare un eco-sistema internet che favorisca: lo sviluppo dell’offerta di contenuti e servizi digitali sul web, garantendo al contempo una moderna ed efficace tutela della proprietà intellettuale e industriale; l’adozione di un quadro regolamentare semplificato per la privacy e la sicurezza on-line; la promozione dei sistemi di pagamenti mobili;
  5. creazione di un vero mercato di Venture Capital: proseguire con l’obiettivo di sostenere la nascita di start-up innovative e lanciare un Fondo di Investimento per sostenere il mercato del Venture Capital;
  6. formazione dei lavoratori al digitale: creare meccanismi per promuovere la formazione digitale degli studenti, dei lavoratori e delle categorie svantaggiate. Nel 2015 la Commissione Europea ha stimato che il 90% dei lavori richiederà skills digitali in tutti i settori.

 

Nell'ambito di uno studio pubblicato all'inizio del 2013, invece, l'Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, oltre ad illustrare e confermare la stretta connessione tra digitalizzazione, spending review e riduzione del carico fiscale, ha voluto quantificare i benefici che deriverebbero dalla concreta applicazione dell'Agenda Digitale nel nostro Paese. I numeri presentati sono di tutto riguardo e, più precisamente, stimano quanto segue:

  • benefici per  35 miliardi di euro al Bilancio dello Stato in termini di maggiori entrate e di minori uscite che, nel dettaglio, è possibile suddividere in:
  • 5 miliardi  di euro di maggiori entrate con l'aumento dal 20% al 30% della penetrazione dei pagamenti elettronici consumer, utile a ridurre l’evasione su IVA e altre imposte;
  • 10 miliardi di euro di maggiori entrate con l'adozione da parte di tutte le imprese della conservazione sostitutiva dei documenti fiscali, capace di raddoppiare la produttività dei controlli dell’Agenzia delle Entrate;
  • 5 miliardi di euro di risparmi con la diffusione dall’attuale 5% al 30% dell'eProcurement nella PA (saving negoziale), utile a ridurre i costi di acquisto di beni e servizi;
  • 15 miliardi di euro di risparmi con la riduzione dei costi del personale del 10% grazie alla digitalizzazione processi della PA (saving di processo), capace di aumentarne la produttività;
  • benefici per 25 miliardi di euro alle imprese grazie ad una semplificazione della relazione tra PA, imprese e cittadini, nell'ipotesi che si concretizzino le seguenti azioni:
  • 23 miliardi di euro l'anno di recupero di produttività grazie alla digitalizzazione dei processi di interfaccia tra PA e Imprese, che possono ridurre di un terzo i costi della burocrazia sostenuti dalle imprese;
  • 2 miliardi di euro l'anno di minori oneri finanziari grazie ai Pagamenti elettronici della PA che abilita il pagamento dei fornitori riducendo del 50% i costi legati a ritardi di processo.

 

Di fatto le analisi di Confindustria Digitale e i numeri del Politecnico di Milano dicono una sola cosa: l'attuazione dell'Agenda Digitale porterebbe, grazie alle maggiori entrate ed alle minori uscite, all'auspicata riduzione del carico fiscale divenuto oramai intollerabile per tutto il nostro Sistema Paese. La razionale attuazione dell'ADI, quindi, sarebbe un'ottima occasione per dare il "buon esempio" da parte delle istituzioni, attuando uno dei principi cardine dell'economia: focalizzarsi sulla minimizzazione dei costi (spesa pubblica) e non sulla massimizzazione dei ricavi (carico fiscale) stimolando, così, il paese a seguire la stessa via (innovazione quale viatico per lo sviluppo e la riduzione dei costi).


Il Presidente del Consiglio, l'On. Enrico Letta, e il commissario per l'attuazione dell'ADI, l'ing. Francesco Caio, in occasione di un recente intervento alla seconda edizione dell'Italian Digital Agenda Forum organizzato da Confindustria, hanno fornito un primo ma concreto segnale di applicazione dei suddetti principi. Già dai primi mesi dell'anno venturo, infatti, hanno preannunciato i seguenti primi tre punti del programma di digitalizzazione del Paese:

  • l'istituzione di un sistema pubblico di identità digitale;
  • la conversione dell'anagrafe al digitale;
  • l'introduzione della fatturazione elettronica per le imprese che vendono alla P.A..

 

Evidentemente sono iniziative che non consentiranno, da sole, di superare il digital divide del nostro paese, tuttavia, in una visione ottimistica generale, ritengo siano da considerarsi un buon punto di partenza, con l'auspicio che nei prossimi anni i governi che si susseguiranno proseguano con il lavoro intrapreso dall'attuale esecutivo.

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Autore:


Dottore commercialista - revisore contabile presso studio professionale e presso Altroconsumo. E' inoltre presidente della Commissione start up microimprese e settori innovativi presso l'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Milano (attività di studio ed approfondimento della materia e organizzazione di convegni)

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