I tributi locali: un nodo da chiarire


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1. QUALI SONO E A COSA SERVONO I TRIBUTI LOCALI

 

1.A Quali sono i tributi locali
I Comuni hanno il potere di esigere e regolamentare una vasta gamma di tributi. Li elenchiamo nella Tabella 1 in calce a questo paragrafo.
Si tratta di un complesso di risorse di natura eterogenea ed in continua evoluzione, che colpiscono ora il patrimonio dei cittadini (IMU), ora costituiscono la copertura di costi specifici del comune (raccolta rifiuti, diritti di affissione, oneri di urbanizzazione), ora l’utilizzo del privato di uno spazio pubblico o aperto al pubblico (TOSAP, Tassa di pubblicità).
Sino al 2011 i Comuni compartecipavano anche alle accise sul consumo di energia elettrica ed al gettito IVA, pur non avendo potestà normativa in materia.
Buona parte della fiscalità locale è legata ed indotta dal settore immobiliare, numerosità, dimensione e dinamica del patrimonio edilizio sono considerati infatti una misura indiretta del volume dei servizi che un Comune deve erogare.

Tabella 1 – Quadro tributi locali
 

 

 

 

 

 

 

 

1.B A cosa servono i tributi locali
I tributi locali costituiscono una importante risorsa dei Comuni per equilibrare il proprio bilancio. Per comprendere quindi le loro finalità è utile un piccolo cenno sulla finanza locale.
Secondo l’ultimo rapporto ISTAT “I bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali” relativo al 2011, il peso dei tributi locali è di circa il 43% del totale delle risorse finanziarie raccolte dai Comuni italiani. Rilevazioni recentissime, pubblicate su “Il sole 24 ore” del 16 settembre 2013, il peso dei tributi locali è aumentato quasi del 100% tra 2003 e 2012.


Tranne i casi della raccolta rifiuti e dell’Imposta di scopo non esistono vincoli di destinazione tra importi riscossi e impieghi. I proventi tributari sono quindi utilizzati per gli impieghi tipici di un comune.
Le specifiche funzioni dei comuni sono illustrate sul sito dell’ISTAT.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oltre il 90% della spesa è concentrato su 6 funzioni: burocrazia (30%), ambiente e territorio (21%, comprende anche la raccolta rifiuti), interventi sociali (16%), viabilità (11%), istruzione pubblica (10) e polizia locale (6%).
Se esaminiamo la spesa degli enti locali per natura, oltre ¾  di quanto spendono i comuni è costituito da appalti di servizi (48%) e stipendi (29%).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT 2011

 

Non è questa la sede per approfondire le possibilità di razionalizzazione della spesa, ma certo una riduzione delle funzioni burocratiche, ed un set di strumenti per garantire una maggiore trasparenza e prevenzione di corruzione negli acquisti di beni e servizi (appalti) avrebbero un impatto importante sulla dimensione complessiva della spesa e, di conseguenza, sulle necessità finanziarie dei Comuni.


1.C Evoluzione delle imposte locali
Prima della gravissima crisi delle finanze pubbliche italiane del 2011 era in corso un processo di riorganizzazione degli enti locali noto come “federalismo fiscale” (Legge 42/2009).
L’idea di base, pur tra mille difficoltà tecniche, era individuare livelli essenziali di servizi alla persona che i comuni devono erogare, trovarne il “costo standard” per abitante (una specie di media ponderata e corretta in eccesso) e limitare i trasferimenti erariali alla differenza tra costi standard complessivi ed entrate tributarie.
Queste ultime dovevano essere raggruppate in imposta comunale di primo livello (che raggruppava i tributi sugli immobili, sia diretti come ICI/IMU e IRPEF, sia indiretti come imposta di bollo e registro su locazioni e compravendite) ed imposta comunale di secondo livello (Tosap, imposta di pubblicità e tributi minori). Rimanevano escluse dalla riforma i tributi sui rifiuti (TARSU/TIA) e le concessioni edilizie.


Ad oggi la riforma del 2009 sembra accantonata e si sta disegnando un nuovo restyling dei tributi locali. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze sta cercando di accorpare due dei principali tributi (IMU e TARES) in una “Tassa sui Servizi” (service tax) che avrà come base imponibile un indice ricavato sulla metratura degli immobili. Non sono previsti altri accorpamenti di tributi.
Molti i punti critici del tributo, ancora in fase di gestazione, legati quasi tutti all’urgenza di assicurare un consistente gettito dal nuovo tributo:

  • Il tributo è commisurato alle superfici: questo comporta forse un definitivo abbandono dei meccanismi di incentivo ad una raccolta virtuosa dei rifiuti? In un Convegno all’Università Bocconi di Milano del 16 settembre 2013, il Ministro dell’Ambiente Orlando ha per questo motivo polemizzato con il Direttore Generale del Dipartimento delle Finanze Lapecorella (Reuters)
  • Il soggetto passivo del tributo sarà l’”utilizzatore” dell’immobile, come accade per la Taxe d’Habitation francese. Il peso tributario “formale” passerebbe, per la parte ex-IMU, dal proprietario all’inquilino in caso di immobili locati. Una modifica che richiederebbe una misura compensativa.
  • Secondo le anticipazioni i Comuni avranno ampio margine di manovra nella misura e nell’individuare agevolazioni ed esenzioni. La norma nazionale fisserà il limite massimo del tributo, ancora non anticipato. Ci si attendono disparità di trattamento tra Comuni e tra contribuenti di ogni Comune.

 

2. ELEMENTI DI CRITICITA' DELL'ATTUALE SISTEMA DI TRIBUTI LOCALI

 

2.A Distorsioni di natura ambientale
Gli amministratori locali hanno un forte incentivo a promuovere l’edificazione di aree del territorio comunale in eccesso rispetto a quanto sarebbe ragionevole. Una strategia che, se arricchisce nel breve periodo gli amministratori che eccedono nel cemento, a medio/lungo termine determina forti problemi di squilibrio ambientale, ed anche di attrattività del territorio.


2.B Costi amministrativi
Ogni tributo presenta due classi di costi “sommersi”, sia per l’amministrazione comunale che per il contribuente.
Il primo costo è formare il “know-how”, ovvero apprendere come ci si deve comportare, il secondo è la gestione del tributo: chi lo calcola e come si calcola (liquidazione), cosa deve dichiarare il contribuente e quali sono i controlli (accertamento), come si paga (riscossione). Oneri pesantemente aggravati dall’attuale stato di incertezza sul quadro tributario.


Il 91% dei comuni italiani ha meno di 15.000 abitanti, di cui, addirittura, un 24% ha meno di 1.000 abitanti (fonte ISTAT). Ma soprattutto, in Italia, le amministrazioni comunali superano le 8.000 unità!
In questo contesto anche la qualità delle persone chiave (Sindaco, assessori, Consiglio comunale e dirigenti) è estremamente varia e, a volte, di cultura e preparazione insufficiente per disegnare un sistema di tributi locali che sia caratterizzato da standard qualitativi accettabili.


2.C Taxation without representation
Non sempre gli immobili sono di proprietà di residenti nel territorio comunale, ovvero di elettori degli amministratori locali. L’incentivo a spostare un peso maggiore della pressione tributaria dai residenti (maggiori beneficiari dei servizi, ed elettori) ai non residenti (non elettori) è quindi molto forte, e costituisce – soprattutto per i comuni con potenzialità turistica – una attrazione cui è difficile resistere.


2.D Problemi intergenerazionali
La attuale normativa sulla finanza locale prevede un processo di pianificazione solamente a breve termine (3 anni per il PEG), inoltre il mandato elettorale è fissato in 5 anni. L’ottica è quindi di breve periodo sotto il profilo finanziario, di medio sotto il profilo politico.
Gli Amministratori locali sono fortemente incentivati a lasciare in eredità alle amministrazioni successive i debiti contratti per una gestione non oculata. Incentivo solo parzialmente attenuato dai “patti di stabilità interna”, che impongono limiti quantitativi alla spesa del comune e rispetto di indici finanziari.


2.E Equità
I tributi locali sono inseriti in un contesto tributario già complesso nel paese, con centri decisionali diversi e male coordinati. I rischi che in tale situazione si verifichino problemi di equità derivanti da disparità di trattamento male coordinate sono evidenti e severi.

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Autore:


Dottore Commercialista dal 1995, Revisore legale dal 1999 e docente aggiunto di Scienza delle Finanze presso l’Accademia Guardia di Finanza di Bergamo, Riccardo Campi collabora con il servizio di Consulenza fiscale di Altroconsumo dal 1998. Ha pubblicato per Altroconsumo la Guida alle attività in proprio, giunta alla 3° edizione. È inoltre componente della Commissione Finanza (Controllo Gestione) dell’Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti contabili di Milano.

2 Risposte a "I tributi locali: un nodo da chiarire"

  1. Luisa Crisigiovanni scrive:

    Bravo Campi per aver centrato le critcità in 5 mosse ! Forse una parte della soluzione sta giustamente nel problema del 48% speso per appalti di servizi non sempre efficienti.

    • Riccardo Campi scrive:

      Grazie Luisa,

      Ci stiamo arrovellando su IMU si, IMU no, ecc… ma il problema più semplice, e purtroppo non sottolineato a sufficienza dalla classe politica, è rendere più trasparente la spesa. Forse ne escono i "due eurini" necessari…

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