Il termine di decorrenza per la notifica delle contravvenzioni al Codice della Strada


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È stata lanciata una class action, una delle prime in campo amministrativo, nei confronti del Comune di Milano, contro la pratica da questo attuata, di notificare le contravvenzioni al Codice della strada anche in violazione del termine di 90 giorni fissato dall’art. 201 Codice della Strada, con la pretesa di procrastinare il termine di notifica, di fatto a suo piacimento, in base ad una interpretazione normativa del tutto sbilanciata a danno dei cittadini. L’iniziativa si inserisce in un quadro di novità normative, introdotte dalla legge delega 15/2009, poi attuata con D.Lgs. 198/2009, finalizzate ad intervenire sulla Pubblica Amministrazione per renderla quanto più trasparente ed efficiente e dunque idonea al servizio ai cittadini, nell’intento di realizzare il dettato Costituzionale che, all’art 97 dispone che “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”.


La vicenda ha origine dal fatto che, nel marzo 2014 il Comune di Milano aveva installato una serie di nuovi autovelox che, anche perché inadeguatamente segnalati, generavano una quantità enorme di multe, tanto che l’amministrazione stessa non riusciva a tenerne il passo con notifiche tempestive. Pensava allora di inventarsi una comoda interpretazione dell’art. 201 Codice della Strada che le permettesse di inviare (ed incassare) le multe pur tardive e la applicava, inserendo nei verbali la dicitura “Il verbalizzante … in servizio presso l’Ufficio Varchi della Polizia Locale di Milano in data ….., data dalla quale decorrono i termini i notifica del presente verbale, ha accertato che il conducente del veicolo targato….in data…..alle ore….ha commesso le seguenti violazioni…”. Tanto piaceva al Comune di Milano questa modalità operativa, che l’ha poi estesa anche a tutte le infrazioni rilevate con apparecchiature a distanza, compresa anche le violazioni ZTL.


L’azione è finalizzata a far accertare l’illegittimità dell’interpretazione, dunque inibire al Comune di Milano la prosecuzione della prassi scorretta, eliminando la dicitura sopra riferita dai verbali, e conseguentemente annullare le multe in tal modo notificate.


E’ appena il caso di accennare che il fine non è, ovviamente, quello di legittimare il comportamento di automobilisti indisciplinati, ma quello di tutelare il diritto di tutti i cittadini a che le regole siano rispettate da tutti, da una Pubblica Amministrazione imparziale in primis.


Ciò che a noi qui interessa è illustrare le ragioni per cui tale pratica attuata dal Comune sia da ritenersi contestabile, ragioni che possano eventualmente tornare utili nel caso di impugnazioni che riguardino personalmente i consumatori. Questo perchè, ahinoi, una volta che ci è stata notificata una multa, o la si paga nel termine previsto o si riesce ad ottenerne l'annullamento mediante impugnazione avanti al Giudice di Pace o al Prefetto.


Il Comune di Milano ha fondato questa sua pratica su di una interpretazione – letterale ma fuorviante – dell'articolo 201 del Codice della Strada. Questo recita: “Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall'accertamento, essere notificato all'effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell'art. 196, quale risulta dai pubblici registri alla data dell'accertamento…….omissis…….Qualora l'effettivo trasgressore od altro dei soggetti obbligati sia identificato successivamente alla commissione della violazione la notificazione può  essere effettuata agli stessi entro novanta giorni dalla data in cui risultino dai pubblici registri o nell'archivio nazionale dei veicoli l'intestazione del veicolo e le altre indicazioni identificative degli interessati o comunque dalla data in cui la Pubblica Amministrazione è posta in grado di provvedere alla loro identificazione”.


Il Comune gioca sulla parola “accertamento” per arrivare a sostenere che quando si tratta di infrazione rilevata con apparecchi a distanza (eccessi di velocità o violazioni ZTL), l'accertamento dell'infrazione non si ha nel momento in cui questa viene commessa e fotografata dall'apparecchio, ma solo successivamente, quando l'agente – magari a mesi di distanza – provvede a scaricare le fotografie di infrazione dall'apparecchio, sostenendo che è solo quello il momento in cui la P.A. viene a conoscenza dell'infrazione, e quindi “accertata”.


Diciamo chiaro che questa interpretazione appare inaccettabile e con essa il Comune di Milano svuota di fatto di qualsiasi senso la norma stessa, cercando di procurarsi un tempo illimitato – meglio, di fatto limitato solo dalla prescrizione quinquennale dettata dall’art. 28 L. 689/81 – per poter provvedere con proprio comodo alla notifica delle multe.


Ricordiamo che il termine previsto dall'art. 201 Codice della Strada è un termine a difesa, ossia un termine previsto proprio per consentire al cittadino multato la possibilità di difendersi, contestando la contravvenzione, motivando e documentando le ragioni per cui questa sia da ritenersi errata o “giustificata”; ma una simile possibilità viene tanto più ridotta quanto più tempo passa tra i fatti e la notifica della multa. Tanto è palese questa ratio della norma che lo stesso legislatore, nel 2010, l'ha rimarcata con la Legge 120 del 29.7.2010, con la quale ha modificato l'art 201 Codice della Strada riducendo il termine a disposizione della Pubblica Amministrazione (P.A.) per provvedere alla notifica dagli originari 150 giorni agli attuali 90, proprio sulla scorta della considerazione che 90 giorni fossero il tempo corretto, sufficiente ed equilibrato, per contemperare le due esigenze, da un lato della P.A. per provvedere all'attività di accertamento e notifica e, dall'altro, del cittadino per potersi plausibilmente difendere. 


E' vero che lo stesso art. 201 Codice della Strada prevede uno “slittamento” del termine, disponendo, nel caso i destinatari siano identificati successivamente all'infrazione, che questo inizi a decorrere “dalla data in cui risultino dai pubblici registri o nell'archivio nazionale dei veicoli l'intestazione del veicolo e le altre indicazioni identificative degli interessati o comunque dalla data in cui la Pubblica Amministrazione è posta in grado di provvedere alla loro identificazione”, ma è evidente che qui si contemplano cause ostative all'identificazione del destinatario della multa esterne alla P.A., non interne ad essa. Quel passo dell'articolo considera situazioni, quali ad esempio auto a noleggio, auto in leasing, auto aziendali, oppure auto appena vendute o il cui proprietario abbia trasferito la residenza con il passaggio ancora in corso di registrazione. In tali casi, infatti, la Pubblica Amministrazione notifica a chi individua come proprietario nei pubblici registri e, quando successivamente scopre che quello a cui ha notificato non era il destinatario corretto, il termine inizia nuovamente a decorrere per una nuova notifica all'effettivo destinatario dal momento della successiva individuazione. 


E' palese che queste sono situazioni profondamente diverse da quella attuata dal Comune di Milano, in cui si vuole procrastinare il decorrere del termine al momento in cui l'agente, per sua scelta o comunque per eventuali impedimenti legati esclusivamente a problemi interni alla Pubblica Amministrazione, abbia ritardato l'acquisizione delle fotografie dall'apparecchio rilevatore. 


Addirittura la Corte Costituzionale si era già pronunciata in modo chiaramente incompatibile con la pretesa interpretazione abbracciata dal Comune, nella sentenza n° 198 del 17.6.1996 con cui ha respinto la tesi della possibilità per la Pubblica Amministrazione di giustificare il mancato rispetto del termine ex art. 201 con motivazioni meramente “interne”: spiega la Corte che l'interpretazione è inaccettabile perché in tal modo “l’inerzia o le disfunzioni organizzative della PA vengono a gravare direttamente sul diritto di difesa del cittadino”.


Evidenziamo poi che, come già riportato dagli organi di stampa (si veda Corriere della Sera Milano del 26.11.2014), già il Prefetto di Milano, vistosi investire da numerosi ricorsi, aveva espresso le sue perplessità al Ministero degli Interni, il quale, con comunicazione del 7.11.2014, citando la stessa sentenza di Corte Costituzionale già ricordata, ha ribadito che l'art. 201 Codice della Strada consente agli organi accertatori di superare il termine dettato solo per ragioni legate a fattori esterni, e non per prassi organizzative interne. Non solo, lo stesso Ministero argomenta che “in linea di principio e salva la necessità di acquisire informazioni indispensabili da altri organismi, il dies a quo per la decorrenza dei termini non può che essere individuato in quello della commessa infrazione”.


Infine Vi segnaliamo alcuni precedenti specifici, ovvero sentenze di Giudici di Pace milanesi che, investiti anch'essi da una mole di ricorsi in argomento, hanno ormai adottato una linea che appare pressoché uniforme di accoglimento degli stessi ed annullamento della multa: fra le tante, le sentenze 4201/15; 3762/15; 12215/; 12645/15. Nella sentenza 13545/15, il Giudice milanese testualmente motiva l'annullamento della contravvenzione: ”Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità e dallo stesso Ministero dell'interno, la norma di cui all'articolo 201 Codice della Strada va interpretata nel senso che la decorrenza del termine di notifica non può coincidere con un momento dell'identificazione del presunto trasgressore rimesso alla discrezionalità della stessa Pubblica Amministrazione, trattandosi di valutazione che va effettuata secondo criteri strettamente oggettivi, riguardanti cioè la reale difficoltà delle indagini richieste, senza che possano assumere alcun rilievo circostanze ed elementi di carattere soggettivo, quale il carico di lavoro gravante sulla Pubblica Amministrazione medesima”. 

 

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Autore:


Laureato in Giurisprudenza presso l'Università Statale di Milano nel 1998. Avvocato civilista dal 2001, Foro di Monza. Da una decina d'anni collabora alla consulenza giuridica di Altroconsumo

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