Verso il recepimento della direttiva 2014/104 sul risarcimento del danno antitrust


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LA PROSPETTIVA DEI CONSUMATORI SUL PRIVATE ENFORCEMENT 


Lo scopo dichiarato della Direttiva 2014/104 è quello di agevolare la promozione di azioni per il risarcimento del danno da parte delle vittime delle violazioni del diritto antitrust europeo. Essa si basa su alcuni principi ripresi dalla giurisprudenza della Corte europea di giustizia. In primo luogo, “chiunque” abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto antitrust ha diritto a pretendere il risarcimento del danno (e quindi, ovviamente, anche i consumatori). In secondo luogo, il risarcimento del danno deve essere “pieno”. In terzo luogo, la tutela dei diritti delle vittime di una violazione antitrust deve essere “efficace”, nel senso che le norme nazionali non devono essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dell’azione. 


In questa prospettiva, la Direttiva migliora la posizione del consumatore interessato a pretendere il risarcimento del danno subito, sia nell’ambito di un giudizio individuale (promosso autonomamente dal singolo consumatore), sia nell’ambito di un giudizio di classe (promosso dai consumatori con l’ausilio di un’associazione di classe). Infatti:

  1. Si chiarisce che sono legittimati ad agire per il risarcimento del danno, sia i consumatori “acquirenti diretti” (che hanno acquistato direttamente dall’impresa che ha partecipato alla violazione), che i consumatori “acquirenti indiretti” (che non hanno acquistato dall’impresa che ha partecipato alla violazione, ma sui quali il danno è stato traslato per effetto di un aumento del prezzo praticato dall’impresa intermedia). Questa precisazione è certamente da salutare con favore, dal momento che è noto che i consumatori sono sempre le vittime “finali” delle violazioni antitrust, nel senso che l’aumento illegittimo del prezzo reso possibile da queste violazioni viene sempre, almeno sul medio-lungo termine, e almeno in parte, traslato sui consumatori.
     
  2. Si introducono alcune presunzioni, suscettibili di prova contraria da parte dell’impresa convenuta, al fine di agevolare la posizione delle vittime delle violazioni antitrust, e quindi anche dei consumatori. In particolare:

     

     

    a)  Si presume che i cartelli (e cioè le violazioni antitrust più gravemente lesive degli interessi dei consumatori) abbiano causato un danno risarcibile. In questo modo, si agevola la posizione dei consumatori acquirenti diretti, che non dovranno dimostrare che il cartello ha determinato un incremento del prezzo, dal momento che tale effetto potrà essere presunto (peraltro, alla stessa soluzione era già arrivata la giurisprudenza pacifica della Corte di Cassazione);

    b)  Nel caso in cui ad agire in giudizio sia un acquirente indiretto (e quindi anche un consumatore), si presume che il sovrapprezzo anti-competitivo sia stato traslato sul soggetto che agisce. Pertanto, il consumatore (o l’altra vittima dell’illecito) non deve dimostrare il fatto della traslazione (prova che potrebbe essere praticamente impossibile o comunque sarebbe sempre eccessivamente difficile), ma deve solo dimostrare che la violazione antitrust ha determinato un sovrapprezzo per l’acquirente diretto.

     

  3. Si chiarisce che, quando è certo che la violazione antitrust abbia causato un danno al soggetto che agisce in giudizio, ma è incerta la misura esatta di questo danno, il giudice nazionale ha il potere di valutare equitativamente il danno risarcibile. Non è quindi necessario un calcolo esatto di questo danno. Questa regola, che troviamo già nel diritto italiano, è stata applicata costantemente dalla giurisprudenza italiana nelle azioni promosse dai consumatori per ottenere il risarcimento del danno antitrust causato da un cartello. Essa ha certamente l’effetto di agevolare la promozione di azioni risarcitorie da parte dei consumatori, dal momento che semplifica il corso dei processi (ad esempio, potendo rendere superfluo il ricorso a una apposita CTU almeno nei giudizi individuali).

 

Complessivamente, quindi, si può dire che la Direttiva 2014/104 possa essere salutata con favore da parte dei consumatori, dal momento che essa rappresenta certamente un progresso rispetto al passato. Tuttavia, l’adozione della Direttiva rappresenta anche un’occasione mancata. Infatti, è noto che la Commissione europea aveva originariamente proposto l’adozione di un’azione di classe di tipo opt-out per il risarcimento del danno antitrust. Infine, questa proposta è stata ritirata, per essere sostituita con una Raccomandazione della Commissione dell’11 giugno 2013 che, per quanto riguarda le azioni collettive risarcitorie, “suggerisce” agli Stati membri l’adozione di un’azione simile, per certi versi, all’azione di classe attualmente in vigore in Italia. Si tratta infatti di un’azione opt-in che vale solamente per il consumatori che hanno aderito espressamente all’azione. Tuttavia, l’esperienza italiana maturata sino a oggi dimostra che, almeno per i danni di scarsa entità, quali sono tipicamente i danni antitrust subiti dai consumatori, l’azione di classe opt-in è molto poco efficace, nel senso che il numero di consumatori che aderisce all’azione è molto basso in confronto con il numero di consumatori danneggiati dalla violazione. Prevale la c.d. “apatia razionale” del consumatore.

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Autore:


Luisa Crisigiovanni è Segretario generale di Altroconsumo e membro del Consiglio direttivo dell’associazione dal 1997. E’ responsabile delle Relazioni esterne dell’organizzazione e suo rappresentante presso il Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti del Ministero dello Sviluppo economico. Partecipa all’esecutivo BEUC dal 2008 dove è stata eletta nel 2012. Socio FERPI dal 2000, collabora con CDM e con le università dal 1998 perché crede nella contaminazione culturale. Giorgio Afferni ha conseguito un master in legge presso la Harvard Law School e un dottorato in diritto privato presso l'Università Statale di Pisa. Ha conseguito il premio Santoro-Passarelli dell'Accademia Nazionale dei Lincei per la migliore opera prima in diritto civile con una monografia su "Il quantum del danno nella responsabilità precontrattuale". È docente di diritto privato europeo nell'Università degli Studi di Genova. Svolge l'attività professionale nello Studio Legale Afferni Crispo & C. con sede a Genova e Milano nelle materie civile e commerciale con un'enfasi sui contratti internazionali, il diritto della concorrenza e il diritto dei consumatori.

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