L’agenda dell’Autorità dei trasporti


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Vale la pena richiamare sommariamente perché occorre “regolare” alcune attività economiche, e perché tale attività debba essere svolta  da un soggetto indipendente e con piena potestà di sancire i soggetti regolati. Occorre regolare ciò che non si può, (es. le infrastrutture a pedaggio), o non si vuole, (es. i trasporti locali), affidare al mercato, al fine che non si creino rendite, in caso di gestioni private, o inefficienze, in caso di gestioni pubbliche, a danno di utenti e/o contribuenti. L’indipendenza dalla sfera politica è necessaria, in quanto quest’ultima è soggetta a pressioni di varia natura da parte dei gestori, alle quali tende a cedere per ragioni di consenso sociale a breve termine (es. voti dei dipendenti, obiettivi occupazionali, scambi di favori vari ecc.). Di un’ autorità indipendente per regolare i trasporti si  parla dal 1994, quando si è avviata la costituzione delle prime autorità di regolazione. Fino a oggi senza successo, ma sembra che il governo Monti ora la realizzerà. Perché è cosa così faticosa da realizzare (ed è così per ogni organismo indipendente di regolazione)? Perché questi organismi hanno due nemici potenti e coesi, mentre i possibili  soggetti favorevoli sono deboli e con scarsa “voce”. I nemici sono i politici stessi, alleati ai relativi ministeri, che si vedono sottrarre strumenti per organizzare il consenso i primi, e competenze e ruolo i secondi, e ovviamente i gestori, che vedono minacciate le loro rendite o, rispettivamente, vedono ridursi i privilegi che sono alla base della loro inefficienza (in caso di concessionari pubblici).  I soggetti favorevoli ovviamente sono i potenziali beneficiari dell’attività di regolazione: gli utenti (i consumatori dei servizi) che pagheranno tariffe inferiori, o, nel caso di servizi sussidiati, i contribuenti che pagheranno meno tasse. Ma tali soggetti non sono in grado generalmente di esercitare pressioni politiche di rilievo, e in più non sono informati sui danni che soffrono, spesso “ad arte”, affinché non protestino. Le Autorità hanno tra i loro strumenti anche “la propria scomparsa”, qualora decidessero di lasciare pienamente operare il mercato nel loro settore. Un ambito più difficile e controverso è la regolazione degli investimenti infrastrutturali, per i quali il regolatore è chiamato a decidere se far pagare o meno agli utenti tramite aumenti tariffari: spesso lo stato si arroga di decidere tali investimenti, anche se di dubbia utilità, mentre altre volte questi possono ripagarsi senza aumentare le tariffe (es. se risparmiano costi di gestione o aumentano il traffico atteso). Per i trasporti poi c’è una complicazione particolare: al contrario dell’acqua o dell’elettricità, i trasporti sono estremamente articolati: si tratta di modi diversi, di servizi e di infrastrutture, di segmenti privati e pubblici, a volte in concorrenza a volte no, a volte con rilevanti impatti ambientali e/o sociali, a volte no.

Qui si pone un primo dilemma decisionale: regolarli tutti mediante una singola autorità? Una prima osservazione: sarebbe opportuno che la regolazione fosse unitaria e questo per due solidi motivi. Il primo è che, nonostante le differenze tecniche, spesso i diversi settori sono in concorrenza tra loro (hanno lo stesso “mercato rilevante”). Non meno importante è il secondo motivo: il regolatore è soggetto a forti pressioni sia da parte della sfera politica sia da parte delle

 

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Autore:


È professore di trasporti al Politecnico di Milano. È stato un esperto del Piano Generale dei Trasporti, e regolatore di autostrade e aeroporti (NARS). Scrive regolarmente di trasporti su diversi periodici italiani.

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