Può una tassa migliorare la nostra salute?


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A fine agosto  la proposta contenuta nel Decreto Balduzzi  di tassare le bibite zuccherate ha sollevato accesi dibattiti. Si trattava di una tassa a carico dei produttori di bevande analcoliche con zuccheri aggiunti ed edulcoranti in ragione di 1,76 euro per ogni 100 litri immessi sul mercato. Il ricavato doveva essere destinato all’adeguamento dei livelli essenziali di assistenza (le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione ovvero di un ticket). Nella versione definitiva del decreto, dopo giorni di accesa discussione mediatica, la tassa sulle bibite è stata eliminata. Opinione pubblica soddisfatta, industria alimentare tranquillizzata e ministro che dichiara di aver ottenuto un risultato importante ovvero far discutere del problema misure per combattere l’obesità.

 
Che obesità e sovrappeso siano un’emergenza conclamata per la sanità pubblica a livello mondiale è un’affermazione condivisa , come pure è chiaro che piani di intervento siano auspicabili, ma viene subito da chiedersi se sia giustificato dare tutte le colpe alla bibite gassate e zuccherate. La risposta è ovvia: no.
 
In realtà le cause sono multifattoriali e molto complesse. Non è il singolo alimento il colpevole, ma gli stili di vita: poco esercizio fisico, abitudini scorrette (saltare la prima colazione, non rispettare pasti regolari, merende troppo abbondanti, poca frutta e verdura) e chiaramente l’eccesso calorico. Lo abbiamo detto noi e lo dicono in molti , è necessario agire su più fronti partendo dall’educazione e l’informazione, obbligando a etichette più chiare e comprensibili che consentano scelte più attente, regolando la pubblicità in particolare quella rivolta ai bambini, riformulando i prodotti e così via. Detto questo torniamo alle bibite.
 
Negli ultimi 30 anni il consumo di bevande zuccherate, le cosiddette soft drink , è aumentato in tutto il mondo. I consumi nel nostro paese sono contenuti rispetto ad altri paesi ,in particolare del nord Europa, ma stiamo seguendo lo stesso identico trend di crescita. La relazione tra consumo di bevande zuccherate e incremento ponderale è stata presa in esame da diversi studi comprese recenti review sistematiche senza arrivare ad un’unica e condivisa risposta.
 
Ma vediamo di capire perché le bevande zuccherate sono così dannose alla nostra salute. Sono altamente caloriche, innalzano il livello di trigliceridi del sangue, la pressione sanguigna, fanno diminuire il livello del cosiddetto colesterolo buono, hanno un alto indice glicemico . Si parla di calorie vuote perché presentano un alto tasso di zuccheri semplici a veloce assorbimento , non contengono altri nutrienti e quindi non apportano nulla al nostro organismo se non calorie . Non danno senso di sazietà e non dissetano.  Per questo tendono ad aggiungersi ai normali consumi e non a sostituire altre bevande o alimenti. Inoltre provocano una deviazione del gusto che si abitua al molto dolce, questo vale in particolare per i bambini, con la grave conseguenza che tendono a trovare altri alimenti come frutta e verdura insipide e poco attraenti.
 
Le tasse per la salute in altri paesi hanno funzionato ?
Tasse simili sono già adottate da altri paesi europei  e molti altri stanno riflettendo su ipotesi comparabili. La Francia ha introdotto una tassa sulle bevande gassate dolci simile a quella proposta nel nostro paese nel gennaio di quest’anno, in Finlandia dal 99 esiste una tassa su dolci, caramelle, gelati, soft drink. L’Ungheria da settembre 2011 ha una tassa sui prodotti poco salutari perché troppo ricchi in grassi, zuccheri e sale. La Danimarca ha adottato a fine 2011 la fat tax legata al contenuto in grassi saturi. Molti altri stati stanno valutando misure simili: Romania, Irlanda, Gran Bretagna. Negli Stati Uniti, California e Stato di Washington dal 2011 hanno introdotto una tassa sulle bevande analcoliche, il Maine tassa soft drink , birra e vino. Nello stato di NYC, solo quest’anno, è passato il divieto di vendita in ristoranti e altri punti di ristoro di confezioni extra-large ( maggiori di 16 onze ovvero circa 470 ml) di bevande zuccherate . 
 
L’associazione consumatori ungheresi afferma che ci sono stati effetti sul consumo nei primi 1-3 mesi, dopo i cittadini si sono abituati senza cambiare le proprie abitudini di acquisto e di consumo. In Danimarca pare che i cittadini siano corsi a fare scorte prima dell’entrata in vigore della tassa e in seguito la vicina Svezia riferisce di un aumento delle vendite di burro grazie ai vicini danesi.
 
Esistono alcuni studi, pochi in verità, che hanno cercato di rispondere a questa domanda. Tasse limitate nell’entità non produrranno alcun effetto  e per avere un’efficacia significativa e dimostrabile bisogna pensare ad incrementi pari al 20%. Alcuni esperti inglesi hanno calcolato che con una tassa pari al 20 % si può ipotizzare una diminuzione di introito calorico giornaliero per persona pari a 209 KJoule il che comporterebbe una diminuzione dell’obesità generale dell’ordine del 3,5 %. Nessuno Stato al momento attuale ha introdotto una tassa di tale entità.
 
Un’ulteriore incognita è rappresentata dalla risposta del consumatore. Imponendo una tassa si pensa di influenzare i consumi facendoli slittare verso alternative più economiche e più sane. Non bevono più bevande zuccherate , ma acqua. In realtà il differenziale di prezzo tra bibite e acqua è già ora decisamente elevato, già ora dovrebbe disincentivare i consumi. Il rischio è che simili tasse nella pratica facciano spostare i consumi non verso alternative, ma all’interno della stessa categoria verso i prodotti meno cari. Non si passerebbe all’acqua , ma si preferirebbero le bibite dell’hard discount. Quello dell’accettazione di questo tipo di misure da parte del consumatore resta un punto critico. Secondo diversi autori l’accettazione di simili tasse è fortemente influenzata da una chiara e trasparente definizione dell’uso degli introiti derivati. La popolarità cresce in maniera significativa nel caso in cui sia chiara una destinazione concreta correlata ad esempio a programmi di prevenzione dell’obesità infantile o campagne mediatiche o promozione dell’attività fisica. 
 
La posizione di  Altroconsumo
La tassa sulle bevande zuccherate è la soluzione ? evidentemente no o quantomeno non certo da sola. L’aspetto più positivo di questa tassa è stato quello di sollevare il problema. Serve un piano organico di intervento, ma che sia un piano concreto e deciso. Su più fronti. Ci scandalizziamo perché viene proposta una tassa sulle bevande zuccherate, ma dovremmo scandalizzarci perché passano in televisione spot che promuovono un consumo quotidiano di queste bevande.  E’ necessario definire regole sulla pubblicità in particolare quella rivolta ai bambini , valutare la correttezza degli spot non solo per la loro ingannevolezza , ma anche in funzione dei messaggi nutrizionali che veicolano. Si deve introdurre l’educazione alimentare nelle scuole in maniera sistematica e non solo con progetti ad hoc e saltuari. Chiediamo una riformulazione dei prodotti che significa un impegno da parte dell’industria alimentare a modificare la composizione dei prodotti avvicinandosi maggiormente alle indicazioni di una corretta alimentazione, quindi ridurre i contenuti di zucchero, di sale, di grassi saturi. Crediamo in questa possibilità e da anni spingiamo per una collaborazione con l’industria così come avviene in altri paesi europei. Recentemente il governo ha deciso di creare un tavolo di lavoro che si pone questo obiettivo e ha coinvolto Altroconsumo insieme a Federalimentare, il Ministero della salute ed esperti di nutrizione. Un passo molto importante che speriamo raggiunga risultati concreti.
 
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Autore:


Laureata in Scienze delle Preparazioni Alimentari, a partire dai primi anni 90 ha svolto il ruolo di portavoce di Altroconsumo per le tematiche relative all’alimentazione e ai prodotti alimentari, partecipando a numerose trasmissioni televisive e intervenendo come relatore a numerosi convegni e seminari. È responsabile per il settore food del gruppo Euroconsumers e dal 2008 è incaricata di coordinare il centro di competenza alimentazione e salute della società Euroconsumers servizi che realizza inchieste e test comparativi per conto di Altroconsumo. Partecipa attivamente all’attività politica di Altroconsumo come membro di gruppi di lavoro sia a livello nazionale che a livello internazionale.

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