Terremoti: intervento pubblico e/o assicurazione privata?


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e di  Marcello Pagnini 

Il terremoto che ha interessato di recente l’Emilia e in misura minore anche alcune aree della Lombardia e del Veneto ha avuto rilevanza sociale ed economica di assoluto rilievo. Una caratteristica del sisma emiliano che lo rende peculiare rispetto ai precedenti che hanno interessato l’Italia è il fatto di aver coinvolto aree, oltre che densamente popolate, anche ad elevata densità di attività economica. Per di più tali località sono caratterizzate da un’elevata presenza di filiere produttive organizzate in distretti industriali e per ciò stesso interessate da profondi intrecci di relazioni produttive capaci di propagare facilmente shock negativi che colpiscano anche solo un sottoinsieme delle imprese dell’area. 
 
Secondo le stime proposte dalla Regione Emilia a fine agosto, i danni economici complessivi ammonterebbero a 13,2 miliardi di euro. Tra questi 117 milioni sarebbero riferiti alle reti infrastrutturali (rete viaria e ferroviaria, sistema idraulico, rete idrica, fognature, gas e rifiuti), oltre 732 milioni agli edifici pubblici, circa 2,7 miliardi al patrimonio storico e artistico, e infine 3,5 miliardi agli edifici privati. Infine, nel complesso, i danni all’apparato produttivo supererebbero i 5 miliardi di euro. Ai danni elencati vanno aggiunte le spese di prima emergenza che ammontano a circa 700 milioni.
 
Venendo ora ai fatti dell’intervento pubblico dopo maggio 2012, il Governo italiano ha approvato dapprima la costituzione di un Fondo per la ricostruzione di 2,5 md., cui si è aggiunto con un emendamento al decreto sulla spending review un contributo di 6 md. Questi fondi sono disponibili per finanziare a fondo perduto fino all’80% la ricostruzione e l’adeguamento alle norme anti-sismiche delle abitazioni civili principali e degli immobili e impianti ad uso produttivo. Queste risorse saranno reperite prevalentemente con strumenti di fiscalità generale. 
Quanto ai risarcimenti provenienti dal settore assicurativo privato, le informazioni circa il grado di copertura sono frammentarie, ma si può comunque affermare che i danni del sisma a carico del mercato assicurativo e riassicurativo sono quasi esclusivamente relativi a danni subiti dalle imprese, e in ogni caso una quota assai modesta del totale. 
In sintesi, si può quindi affermare che i danni del sisma di maggio scorso saranno prevalentemente mutualizzati tra tutta la collettività dei cittadini italiani, secondo uno schema di intervento ex-post. Questo profilo di allocazione dei danni delle calamità naturali è quello ricorrente nel nostro Paese, che pure non prevede alcun diritto automatico al risarcimento dei danni ai beni dei privati causati dalle catastrofi naturali. Una nota della Commissione Tecnica per la Spesa Pubblica (1995) misura la spesa pubblica annua media per la copertura di danni da alluvioni, frane e fenomeni tellurici tra il 1970 e il 1994 in circa 3,5 md. di euro (a prezzi 1995). Più in generale, si può affermare che i danni causati dalle calamità naturali in Italia abbiano pesato dal dopoguerra ad oggi in misura preponderante (stimata grossolanamente in non meno di tre quarti) sul bilancio pubblico, secondo un modello di mutualizzazione solidale, nel quale i cittadini più fortunati sussidiano per i danni economici subiti quelli meno fortunati.
 
Il modello secondo il quale l’Amministrazione centrale interviene a seguito di una catastrofe naturale e risarcisce “a piè di lista” i danni subiti nell’area colpita dall’evento è da tempo criticato. I due principali difetti di questo modello corrente sono il fatto che il ricorso alla spesa pubblica risulta discrezionale e imprevedibile e che l’incondizionato intervento pubblico ex-post genera (ex-ante) incentivi perversi. 
Il secondo punto, in particolare, suggerisce come l’aspettativa di un intervento dello Stato spieghi sia il trascurabile ricorso al mercato assicurativo privato, sia il disincentivo ad investire in prevenzione. Questo è a nostro parere l’aspetto più grave del modello di “gestione solidale ex-post” che ha caratterizzato l’intervento pubblico dal dopoguerra: può essere considerato equo, ma non certo efficiente. L’esperienza recente del caso dell’Emilia, ha inoltre sottolineato la necessità che le nuove soluzioni di politica industriale debbano essere in grado di contrastare anche l’elevata capacità di propagazione degli effetti del sisma sui sistemi produttivi locali e le forti esternalità sul resto del sistema economico. 
 
Le proposte recentemente avanzate per rinnovare le politiche di intervento in caso di calamità naturale, similmente a quanto è accaduto in passato, si fondano su principi anche molto diversi fra loro, ma tutte invocano l’incentivazione di soluzioni che sostituiscano almeno in parte con una copertura assicurativa ex-ante il modello mutualistico ex-post. Le esperienze internazionali al riguardo suggeriscono molteplici soluzioni efficaci, nelle quali possono essere riconosciuti alcuni elementi comuni di successo.
 
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Digep Politecnico di Torino

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