Tassazione degli strumenti e delle rendite finanziarie: effetti sui comportamenti dei risparmiatori


Share on LinkedIn

di Riccardo Campi 

Risparmio, investimenti e sviluppo economico costituiscono un circolo virtuoso per il benessere di una collettività.
Tramite il risparmio le persone accantonano risorse per diverse finalità: per integrare la pensione, per trasferire risorse ai propri figli, o semplicemente per dotarsi di una "rete di sicurezza" per attenuare l'impatto delle avversità della vita.
Il risparmio, investito in strumenti finanziari, consente alle imprese di accedere a risorse destinate a finanziare gli investimenti, la creazione di lavoro e la ricchezza sia tramite il mercato finanziario diretto (società quotate) sia tramite prodotti bancari e finanziari di intermediari che accedono al mercato finanziario (società non quotate).
 
Non solo, il “risparmio” degli imprenditori, il cosiddetto “portafoglio titoli” costituisce garanzia per l’erogazione del credito bancario per garantire l’ordinaria operatività delle imprese ed anche il finanziamento degli investimenti.
Per i privati il portafoglio titoli può costituire garanzia collaterale in caso di accensione di mutui per l’acquisto o la ristrutturazione o il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici.
 
Anche nel circolo risparmio-investimenti il “fisco” interviene prelevando risorse da destinare alle necessità della collettività.
Tale intervento dovrebbe essere caratterizzato da effetti collaterali per quanto possibile contenuti, effetti che gli studiosi individuano nella “distorsione” ovvero nella alterazione delle scelte degli agenti, e nei costi amministrativi sostenuti dai contribuenti sia per consulenza e assistenza professionale, sia per le maggiori commissioni di gestione e negoziazione richieste dagli intermediari. 
Inoltre il ruolo del fisco dovrebbe essere esercitato sotto il controllo e la responsabilità politica dei rappresentanti dei cittadini, e risultare il più possibile equo, evitando da un lato di tassare in modo difforme contribuenti con le stesse capacità, e realizzando il principio sancito dalla costituzione della progressività del prelievo rispetto alle capacità di contribuire.
L’articolo esamina la performance del sistema impositivo italiano con riferimento a questi requisiti ottimali individuate dagli esperti, e ne evidenzia le difformità.
 
La tassazione delle attività finanziarie ha subito un’evoluzione storica importante nel corso degli anni, determinata da diverse e concomitanti necessità:
  • Esigenze di gettito: soprattutto dall’inizio degli anni ’90 la crisi strutturale della finanza pubblica italiana ha imposto numerosi interventi finalizzati a recuperare tributi;
  • Esigenze di equità: il sistema tributario italiano è caratterizzato da un’eccessiva pressione fiscale sulle attività produttive (lavoro dipendente, lavoro autonomo e di impresa) rispetto ai competitor internazionali, con conseguenze su produttività, costo del lavoro e occupazione;
  • Esigenze di coordinamento internazionale: il movimento internazionale dei capitali è libero e sempre più importante nelle dinamiche delle economie;
  • Esigenze di semplificazione: negli anni sono emerse, poi sono state ridotte o eliminate, diverse agevolazioni finalizzate a detassare risparmi investiti in titoli di stato, aziende di credito, ecc.…
  • Esigenze di aggiornamento. Prodotti come ETF ed ETC sono di recente introduzione ed hanno richiesto uno sforzo di adattamento della disciplina.
Queste diverse esigenze hanno comportato una serie di interventi posti in essere in diversi momenti, con diversi fini e con diverse modalità. Il risultato è un sistema complesso e non sempre sufficientemente coordinato.
La complessità del sistema che ne risulta ha come ulteriore conseguenza l'incremento dei costi di gestione e negoziazione del risparmio incorporati nelle commissioni che applicano gli intermediari italiani, notoriamente tra le più alte del panorama europeo, e dei costi per accedere alle prestazioni di consulenza ed assistenza fiscale dei professionisti.
 
Nell’ultimo anno la crisi della finanza pubblica italiana ha spinto il legislatore verso un aggravio dell’imposizione sui risparmi (dal 12,5% al 20% di pressione nominale) e verso una distorsione delle decisioni di risparmio verso gli investimenti in titoli di Stato, i cui rendimenti sono ancora tassati dall’aliquota nominale del 12,5%.
L’incremento dell’incidenza del prelievo fiscale, e l’estensione dello stesso con tributi di natura patrimoniale come accaduto in altri contesti è stato seguito con notevole ritardo dagli organi burocratici, con disguidi ed iniquità sopportate interamente dai contribuenti/investitori.
 
Le dinamiche di revisione del sistema tributario sono inoltre caratterizzate da un eccesso di delega dal legislatore all’esecutivo, in particolare a favore dell’Agenzia delle Entrate.
Eccesso indotto da un lato dai “suggerimenti” che l’Agenzia delle Entrate avanza in materia fiscale nei confronti del Legislatore e dall’altro dall’assenza di volontà  da parte della politica di “assumere” le proprie responsabilità nei confronti degli elettori.
In ogni provvedimento fiscale, e anche in quelli approvati in materia di tassazione delle attività finanziarie, l’impatto della situazione sopra descritta comporta che si valutino (a volte sommariamente) costi e benefici dell’adozione di ogni modifica dal punto di vista del beneficiario (Stato) senza considerare il costo sociale sopportato dai cittadini, sia direttamente, ovvero in termini di maggiori tributi, sia indirettamente, per i costi amministrativi (commissioni, parcelle di professionisti). 
 
Questa visione parziale e distorta delle cose (l’Italia esiste per servire gli italiani, non il viceversa) non ha certamente agevolato il circolo virtuoso risparmio – investimento – crescita cui dobbiamo la rinascita del paese nel secondo dopoguerra. 
 
Print Friendly

Autore:


Dottore Commercialista dal 1995, Revisore legale dal 1999 e docente aggiunto di Scienza delle Finanze presso l’Accademia Guardia di Finanza di Bergamo, Riccardo Campi collabora con il servizio di Consulenza fiscale di Altroconsumo dal 1998. Ha pubblicato per Altroconsumo la Guida alle attività in proprio, giunta alla 3° edizione. È inoltre componente della Commissione Finanza (Controllo Gestione) dell’Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti contabili di Milano.

Non ci sono commenti.

Inviando il commento accetti espressamente le norme per la Privacy.