La sicurezza del motociclista: caschi e abbigliamento tecnico


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Il dispositivo di sicurezza più conosciuto e più utilizzato da parte di chi usa le 2 ruote a motore è certamente il casco, e su tale prodotto si è concentrata l’attenzione sia dei produttori che dei legislatori. Essendo il più importante elemento di protezione, ai fini della sicurezza, sono state messe a punto molte normative tecniche e relative prove, progressivamente sempre più severe, che i costruttori devono  superare per conseguire l’omologazione più adottata in Europa e nel mondo (regolamento ECE/ONU 22), obbligatorio sin dal 1982.

 

L’introduzione dell’obbligatorietà del casco (inizialmente nel 1986 per tutti i veicoli immatricolati sotto i 50cc e per i minorenni alla guida dei ciclomotori e, successivamente nel 2000 anche per tutti i maggiorenni) ha avuto un impatto immediato sulla riduzione delle lesioni. Studi dell’Istituto Superiore della Sanità dimostrano come siano diminuiti drasticamente sia gli arrivi al pronto soccorso per trauma cranico (-75%), sia i ricoveri nei reparti neurologici (-79%).

 

Il monitoraggio sull’uso del casco nelle aree urbane in Italia mostra una situazione ormai generalizzata nel nord, dove si raggiunge il 99,9%, un buon risultato nel centro con il 93,1%, mentre esiste ancora una fetta di utenti che trascurano il casco nel sud, ove la percentuale di utilizzo arriva solo al 76,6%, anche a causa di controlli non sempre puntuali. 

 

La conformità del casco è essenziale per garantire l’efficacia della protezione. Negli ultimi 30 anni ci sono stati progressi nei procedimenti produttivi, oltre che sviluppi nella composizione dei materiali della calotta ed un accurato controllo dei parametri di processo. Inoltre sono stati utilizzati additivi in grado di fornire una maggiore resistenza nei confronti dei raggi ultravioletti e degli agenti atmosferici. 
I modelli che rappresentano l’alto di gamma fanno largo uso dei compositi a base di resina termoindurente, che costituisce la matrice aggregante, e di rinforzi con fibre di vetro, Kevlar o di carbonio, mentre, per quanto concerne l’imbottitura, essa è sempre costituita da uno strato con spessori differenziati di polistirolo espanso, che ha la funzione di ammortizzare, nell’eventualità di un urto, l’energia generata, deformandosi in corrispondenza del punto di collisione.
 

Tra le prove che i caschi devono superare sono rilevanti quelle di resistenza all’impatto. Per effettuarle si utilizzano appositi macchinari, dotati di masse battenti aventi una data geometria e un dato peso, che vanno ad urtare il casco con una velocità prestabilita.        Le prove sono eseguite calzando il casco su una falsatesta di taglia appropriata, e lasciandolo cadere su incudini di diversa forma.
Tutti i caschi in commercio devono essere dotati di una targhetta che indichi gli estremi della omologazione ECE, l’ultimo step è lo 05. Quindi, è nell’interesse dei consumatori acquistare solo i caschi che siano conformi a questo stadio di sviluppo della norma tecnica ECE 22.

 

Dopo una battaglia condotta da Confindustria Ancma per mettere fuori legge i cosiddetti ‘caschetti DGM’, che potevano essere usati sui ciclomotori, ma che non garantivano gli stessi livelli di sicurezza della ECE 22, essi sono ricomparsi in commercio con la dicitura ‘caschi per bici’. Purtroppo ancora oggi qualcuno li usa su scooter e moto in modo illegale, ma per le forze dell’ordine è difficile rendersi conto se il casco indossato è regolarmente omologato oppure no, a meno di non fermare il motociclista e controllare l’etichetta.

 

Altro tema scottante è quello dei ‘controlli sullo scaffale’: a volte si trovano in commercio prodotti che risultano omologati, ma nondimeno non sono conformi alle norme stabilite. Questo accade perché tali prodotti in termini di materiali e di produzione non sono identici al lotto utilizzato per l’omologazione, ma vengono prodotti con materiali più scadenti. Di regola si tratta di caschi dal prezzo molto competitivo, ma è essenziale tenere presente che non rispondono in alcun modo ai criteri di massima sicurezza.

 

L’unica via per verificare la conformità è l’acquisto sullo scaffale di campioni delle diverse marche e la ripetizione in laboratorio dei test per l’omologazione. Questa attività è stata richiesta al Ministero dei Trasporti per eliminare dal mercato produttori scorretti che praticano una concorrenza sleale a discapito della sicurezza degli utenti. Purtroppo, però, il nostro Ministero non dispone delle risorse necessarie per organizzare attività di controllo di questo tipo, nonostante la disponibilità dei costruttori di caschi aderenti a Confindustria Ancma.
 
 

Notevoli miglioramenti sono intervenuti anche a livello di abbigliamento tecnico, con lo sviluppo di materiali e di capi in grado di offrire una notevole protezione rispetto al passato in caso di urti o di cadute. Ad esempio i guanti che un tempo avevano rinforzi solo in pelle vengono oggi realizzati con inserti rigidi nei punti più critici; giacche e giubbotti si sono arricchiti con elementi protettivi e materiali anti abrasione in corrispondenza di spalle e gomiti, così come i pantaloni presentano protezioni analoghe per le ginocchia.
Dal punto di vista dell’industria del settore si sta lavorando per giungere all’ottimizzazione dello standard esistente a livello europeo, per arrivare a una certificazione più avanzata dei capi tecnici, con una serie di prove tese a simulare l’eventualità di una scivolata, o comunque i rischi tipici di un incidente.

 

Sono previsti test di resistenza alla abrasione da impatto, altri che riguardano la resistenza delle cuciture, che non devono strapparsi o cedere neppure sotto sollecitazioni elevate e in presenza di scivolate sull’asfalto, e test di resistenza al taglio. Al momento per ognuna di queste prove si sono stabiliti due livelli di prestazione, che corrispondono rispettivamente a capi meno specializzati ed a capi più performanti ed estremi sotto l’aspetto della sicurezza. La certificazione è di particolare importanza in quanto costituisce una vera e propria garanzia di qualità, che rassicura l’utente sotto il profilo del grado di sicurezza a cui un capo tecnico è in grado di rispondere.
 
 

Il tema degli air bag per motociclisti è il più recente in termini di prodotti posti in commercio: da un lato per le grosse moto turistiche dotate di un cruscotto che può ospitare i cuscini dell’air bag, il funzionamento è simile a quello delle auto. In tutti gli altri casi l’air-bag per motociclisti è applicato al giubbino. La protezione maggiore è a livello di torace, schiena e collo. Inizialmente il sistema più diffuso è stato quello a strappo, vale a dire quello che prevede che i cuscini si gonfino nel momento in cui chi guida viene sbalzato dalla sella. Oggi sono in commercio sistemi più evoluti e sofisticati, che prevedono diversi sensori ed una centralina che comanda il gonfiaggio nel giro di millesimi di secondo dal momento dell’impatto. Generalmente i cuscini protettivi, che vengono gonfiati da una apposita bomboletta contenente aria ad alta pressione, sono due e offrono un livello di protezione adeguato, in particolare se impiegati in sinergia con un paraschiena.         

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Dopo alcuni anni di esperienze professionali nell'ambito del marketing e market research di beni di largo consumo e automotive, ho lavorato per 10 anni in A.C. Nielsen come senior account. Dal settembre 1997 ho assunto la responsabilità del settore moto in Confindustria Ancma, seguendo i nostri associati costruttori e importatori di moto, costruttori di parti e accessori. I rapporti istituzionali si svolgono con i Ministeri (Trasporti, Sviluppo Economico, Finanze, Ambiente, Istruzione e Interno) al fine di rappresentare gli interessi legittimi del comparto. Inoltre si interloquisce con le istituzioni a livello locale: Regioni, province e comuni. A livello europeo partecipiamo all'associazione di categoria ACEM (Associations Constructeurs Europeens Motocycles) che ha sede a Bruxelles e tiene i rapporti con la Commissione Europea e il Parlamento EU.

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